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IL PROBLEMA DEL “FILIOQUE”
Affrontiamo questo spinoso e doloroso problema teologico senza nessuna vis polemica; siamo consapevoli di entrare in un dibattito per il quale è necessaria estrema cautela e rispetto. Se, in qualche passaggio, si potranno rilevare spunti polemici, ci scusiamo per la probabile incompletezza d’informazione.
NELLA RIFLESSIONE FINO AD AGOSTINO
Il problema comincia a porsi in modo esplicito solo dopo la riflessione agostiniana. Noi analizzeremo anche autori pre-niceni e pre-agostiniani, per trovare in essi uno spunto e capire meglio il problema, ma rimaniamo consci che allora il problema era solo in nuce; la nostra interpretazione deve restare quindi “aperta”, condizionata com’è dalla distanza epocale.
Nel NT, troviamo due testi emblematici: Gv 15, 26 (lo Spirito Santo viene para tou PatroV), che Costantinopoli I riprenderà (modificando la terminologia in ek tou PatroV!); e 1 Cor 2, 12 (lo Spirito è ek tou Qeou: manca ekporeuomenon)
Ad occidente, segnaliamo solo la riflessione di Tertulliano: lo Spirito è presente nelle metafore trinitarie di cui abbiamo già parlato e che saranno riprese dai Cappadoci; lo Spirito viene dal Padre mediante il Figlio; la fontalità del Padre che si autocomunica al Figlio e poi allo Spirito è carattere costante di queste metafore.
Origene: il Figlio svolge un ruolo di mediazione nella creazione di tutto; lo Spirito è il “primo creato” con la mediazione del Figlio (Gv 1, 3), anche se lo Spirito è creato ab aeterno...
Nel commento a Giovanni (II libro), troviamo che: lo Spirito è la materia dei carismi che vengono comunicati, attuata (energoumenhV) a partire da Dio, ministrata (diakonoumenhV) da Cristo; questa materia riceve dallo Spirito la consistenza.Il problema di queste affermazioni è collocarle dal loro contesto “economico” ad un contesto “immanente”.
Atanasio: rileva un parallelismo fra i rapporti di Padre - Figlio e Figlio - Spirito; tutte le cose ricevono dallo Spirito da parte del LogoV la capacità di essere. Atanasio non si esprime direttamente, ma implica un rapporto Figlio - Spirito e non solo Padre - Figlio e Padre - Spirito.
Basilio (autore del De Spirito Sancto): parla sempre dello “Spirito di Cristo”; lo Spirito è unito al Paraclito che lo ha inviato e che manifesta pienamente “venendo fuori”. Lo Spirito Santo viene comunque “da Dio”, ma non come generato.
Didimo Alessandrino (metà sec. IV): riprende Gv 15, 26 (lo Spirito ekporeuetai dal Padre ma è inviato dal Figlio); lo Spirito viene da Gesù perché “tutto ciò che è dal Padre è mio”. Sono idee ancora vaghe, ma che lasciano intuire un rapporto tra Figlio e Spirito.
Gregorio Nazianzeno: è colui che utilizza tecnicamente la nozione del “procedere”; poiché lo Spirito procede dal Padre, non è creatura; poiché lo Spirito non è generato, non è Figlio.
Gregorio di Nissa: porta avanti l’idea della taxiV interna alla vita trinitaria che viene dalle processioni; interessante è l’idea che lo Spirito “viene tramite colui che viene direttamente dal Primo, il Padre; lo schema è “a Patre per Filium”, anche se i contorni del discorso appaiono ancora un po’ confusi (dal nostro punto di vista posteriore di un millennio e mezzo!)
Cirillo di Alessandria: opponendosi a Nestorio, incontra la necessità di sottolineare l’espressione “Spirito di Gesù” per evidenziare l’Unità (divina e umana) della persona di Gesù. Lo Spirito è quindi dato (anche) dal Figlio e dal Figlio incarnato, una e identica persona del LogoV paterno. Esiste ed è sottolineato un legame Spirito-Gesù. In Cirillo, è quindi esemplare come la riflessione da “economica” stia procedendo lentamente verso l’“immanenza”. Lo Spirito procede dall’ousia del Figlio e quindi dalla stessa ousia del Padre essendo il Figlio omoousioV al Padre.
NELLA RIFLESSIONE DOPO AGOSTINO
Abbiamo già detto di come Agostino chiami lo Spirito “Dono” di Padre e Figlio; essendo dato da Padre e Figlio, lo Spirito viene dal Padre e dal Figlio; è l’Amore dell’Amante e dell’Amato, viene da essi come Communitas Amoris. Ma, con una forte sottolineatura, Agostino dice anche che lo Spirito viene principaliter dal Padre, e lo ripete più volte; il Figlio riceve tutto dal Padre, quindi se lo Spirito riceve dal Figlio è perché il Padre ha donato al Figlio questa possibilità. Lo Spirito viene da Padre e da Figlio, ma principaliter dal Padre.
Il contesto in cui opera Agostino è chiaramente anti-ariano. Si insiste molto su Gesù pienamente Dio, consustanziale al Padre, co-principio con il Padre della processione dello Spirito.
Lo sviluppo successivo delle tematiche agostiniana (non dimentichiamo l’analogia dell’Amore, per esempio), ha dato luogo a diverse accentuazioni e sfumature che non abbiamo il tempo di rilevare.
Tommaso: sviluppa l’idea dell’Amore e nel parlare dello Spirito come “unione dei due”, afferma di conseguenza che lo Spirito “procede dai due”; che venga anche dal Figlio, poi, è fondamentale in quanto non si vedrebbe altrimenti la distinzione dal Figlio stesso; ricordiamo, infatti, che secondo il pensiero tomista, le relazioni fondano le distinzioni personali corrispondenti; se si ripetesse la relazione, si ripeterebbe la persona e questo in Dio sarebbe contraddittorio.
L’influsso sulla teologia dei secoli a seguire sarà molto forte. Tommaso, però, si era già reso conto del problema di linguaggio che ne scaturiva. “Procedere”, infatti, si usa in latino per indicare qualsiasi tipo di origine; mentre quindi noi diciamo che lo Spirito “procede dal Figlio”, i greci utilizzano ekporeuomai solo in riferimento alla sorgente ultima. Il termine latino, da questo punto di vista è più vago.
L’idea di fondo rimane comunque agostiniana: lo Spirito procede principaliter dal Padre.
Giovanni Damasceno: esponente della teologia orientale, alla fine del periodo classico della patristica; egli afferma che lo Spirito viene solo dal Padre; è anche Spirito “del Figlio”, perché viene anche mediante il Figlio; solo il Padre, però è sua aitia. Mediante la fede sappiamo di una differenza fra la generazione e la spirazione, ma non sappiamo quale essa sia.
E’ interessante notare come Giovanni Damasceno distingua fra un ambito della fede e un ambito aperto alla discussione e non necessariamente di fede. Secondo lui, è possibile che la fede ci dica che qualcosa è, ma non ci dica come questo qualcosa è.
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IL PROBLEMA “UFFICIALE”: I TESTI MAGISTERIALI
Cfr. DS 441: il papa Pelagio (nel 557) afferma che lo Spirito Santo, procedendo dal Padre senza tempo, è lo Spirito del Padre e del Figlio.
Già nel IV-V secolo, comunque, l’idea del Filioque si era sparsa per tutto l’occidente. Ne troviamo traccia:
- nel simbolo “quicumque” (o pseudo-atanasiano), di origine gallicana; cfr. DS 75ss;
- nel Concilio di Toledo I (447), di cui si pensa che il riferimento al Filioque sia un’aggiunta successiva; cfr. DS 188;
- nel sinodo Toledano III (589) che riprende un simbolo della fine del IV secolo; cfr. DS 470.
Gallia meridionale e settentrionale, Spagna: l’affermazione del Filioque matura su radici indipendenti accomunate da uno spirito anti-ariano (nel 589, in Spagna, il re si converte dall’arianesimo), sull’idea cioè della piena divinità del Figlio.
Nel sec. VII, papa Martino I afferma con chiarezza che lo Spirito procede anche dal Figlio. Massimo il Confessore difende la tesi del pontefice romano, affermando che lo Spirito ekporeuetai dal Padre, e poreuetai dal Figlio: la sorgente della divinità è il Padre, ma la processione dello Spirito avviene mediante il Figlio.
In un Simbolo inglese dell’800 troviamo che lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio.
E’ indubbio comunque che nel simbolo niceno-costantinopolitano, il Filioque non si trovi. Ma alla fine dell’epoca patristica classica, la consuetudine inversa era talmente diffusa che, all’epoca carolingia, un patriarca che si rifiutava di professare il Filioque, fu accusato di averlo indebitamente tolto dal Credo (che invece non l’ha riportato) originariamente).
Al tempo di Carlo Magno, poi, si insistette perché il papa lo introducesse; il papa rifiutò approfittando anche del fatto che la liturgia romana non prevedeva la professione del Simbolo.
Con Fozio, patriarca orientale, registriamo il primo inizio di una catena di tristi conseguenze. Egli afferma che lo Spirito viene “solo” dal Padre. La precisazione “solo” era indubbiamente una novità che procura una disputa con la sede romana conclusasi solo temporaneamente. Nel senso del “procedere” greco, infatti, era un’affermazione accettabile; viceversa nel senso latino.
Nel 1014, viene introdotto il Credo nella liturgia romana; con esso, anche il Filioque che, come già abbiamo visto, era molto diffuso in occidente. Il contrasto fra le due Chiese diventa acutissimo.
Nell’anno 1274, (DS 853), al II concilio di Lione si discute il problema dell’Unione; nel corso di questa assemblea, viene proclamata dall’imperatore la formula “di vera fede”: crediamo nello Spirito Santo pieno e perfetto e vero Dio che procede “Patri Filioque”.
L’Unione fallisce e le Chiese di Oriente e di Occidente operano quella separazione che dolorosamente sussiste fino ad oggi.
Tra il 1439 e il 1445 (DS 1330 ss) si svolge il Concilio di Firenze: è il secondo tentativo di riportare all’Unione le due Chiese; in realtà si cerca di imporre lo schema latino anche forzando in alcuni casi l’interpretazione di alcuni Padri greci. “Lo Spirito è eternamente dal Padre e dal Figlio... il Suo essere sussistente è dal Padre e insieme dal Figlio... non come due principi ma come un unico principio...”.
Potremmo concludere rilevando che la teologia latina, attraverso la discussione sul Filioque, ha maturato un pensiero che dalla Trinità economica si è spostato sempre più verso la Trinità immanente. Per il fatto che lo Spirito è inviato dal Padre e dal Figlio al mondo, lo Spirito procede ad intra dal Padre e dal Figlio.
IL PUNTO DELLA SITUAZIONE NELLA TEOLOGIA CONTEMPORANEA
Siamo di fronte ad una certa consapevolezza per quanto riguarda l’aspetto problematico dell’uso della terminologia (dimensione che era stata già intuita da Tommaso): ekporeuesJai è un termine che per i greci identifica solo la sorgente ultima e quindi in questo senso non si può dire che lo Spirito “procede” dal Figlio; per i latini, invece, “procedere” indica una qualsiasi origine (anche se Agostino sottolineerà la particolare origine dello Spirito sostenendo che procede “principaliter” dal Padre).
Attualmente è da registrare una certa apertura teologica tra il mondo latino e orientale.
* Nel mondo orientale.
Analizziamo il pensiero di MOLOTOV, teologo russo, morto alla fine del XIX secolo, nella sintesi e commento di Congar.
Il punto di partenza è il fatto che la teologia orientale dica che lo Spirito Santo procede dal Padre ed è consustanziale al Padre e al Figlio. Lo schema “dal Padre mediante il Figlio”, inoltre, è indubbiamente uno schema diffuso anche nei Padri dei primi secoli accettati sia dall’Oriente che dall’Occidente; da questo punto di vista, l’opinione secondo la quale “mediante il Figlio” è solo un riferimento alla dinamica economica, è fare violenza ai testi patristici. Tutte le espressioni economiche fanno riferimento in qualche modo ad una realtà immanente.
Da una parte, quindi, abbiamo che la processione dello Spirito dal Figlio, nel senso tecnico di ekporeuetai, non è accettabile; dall'altra parte, la formula “lo Spirito procede solo dal Padre” è un teologumeno, ma non è mai stato un dogma di fede.
La formula “dal Padre e dal (mediante il) Figlio” risale alla teologia latina, agostiniana sicuramente, ma nel momento della sua apparizione e diffusione, la teologia orientale non ha sollevato alcuna obiezione. Molti padri occidentali che hanno predicato il Filioque sono venerati anche in Oriente! In conclusione, tutto sembra puntare al fatto che, forse, la divisione della Chiesa non è stata una conseguenza del problema teologico del Filioque.
I pareri sono ovviamente discordanti, ma molti teologi orientali hanno riconosciuto l’assenza di rilievo del Filioque nel processo di separazione delle due Chiese.
Bulgakov:
il Filioque non rappresenta una distinzione dogmatica. La formula di Costantinopoli non porta necessariamente al monopatrismo. La formula “mediante il Figlio” non è una modifica, ma una esplicitazione del Simbolo di fede.
* Nel mondo latino.
BARTH
Il Filioque è la conseguenza di una teologia che segue l’economia salvifica per tentare di giungere alla realtà trinitaria immanente. Gli orientali, secondo Barth, nel non accettare questa definizione, pongono la loro teologia “al di là della Rivelazione”.
La Trinità economica deve rimanere l’unico punto di partenza valido per arrivare alla Trinità immanente. E nell’economia salvifica, lo Spirito si è mostrato come Amore del Padre e del Figlio; in quanto Amore d’entrambi, la sua processione ha origine dal Padre e dal Figlio. Negare il Filioque coincide con non vedere l’essenza della comunione divina, quella comunione di Padre e Figlio dalla quale scaturisce lo Spirito Santo. La stessa comunione fra Dio e l’uomo avviene attraverso il Dono dello Spirito. Esiste una corrispondenza fra i rapporti Dio - uomo e Padre - Figlio, a livello di comunione “spirituale”.
Il Figlio, come abbiamo detto, ha tutto dal Padre, è principio come il Padre (e soprattutto relativo al Padre). Nel momento in cui Dio “porta fuori” il Figlio, nega la solitudine come attributo divino e si afferma come comunione, ossia fa procedere lo Spirito Santo, Amore in persona.
BALTHASAR
Secondo la Rivelazione, in Gesù dimora lo Spirito; questa è la “formula economica” del Filioque: lo Spirito è Spirito di Gesù. Lo Spirito che guida Gesù, invece, è la formula economica del “procede dal Padre” (cfr. Gv 15, 26).
Soltanto se si vede il rapporto dello Spirito con il Padre e con il Figlio, ha senso la tradizione dello Spirito come Amore. In più, Balthasar afferma che il Filioque aiuta a vedere che tutti e tre sono in rapporto.
A livello teologico, poi, si è giunti ad elaborare anche alcune interessanti formule di compromesso:
- lo Spirito Santo viene dal Padre e viene (non ultimamente) dal Figlio;
- lo Spirito Santo viene dal Padre in quanto il Padre ha generato il Figlio
- lo Spirito Santo viene dal Padre del Figlio (Moltmann); il Padre, infatti, è Padre del Figlio e non è propriamente “Padre” dello Spirito; lo Spirito, inoltre riceve dal Padre e dal Figlio la sua forma.
Qualcuno ipotizza anche che ogni Chiesa continui sulla sua strada limitandosi ad eliminare solo le formule di mutua condanna.
CONGAR
E’ indubbio che la posizione unilaterale del mondo latino all’interno del Simbolo di fede ha contribuito a creare il problema; tuttavia, non c’è bisogno di eliminare le formule teologiche; basta che sia chiaro nel dibattito che c’è equivalenza di dignità e di valore e complementarietà nelle due diverse formule dogmatiche. Potrebbe far parte di ambedue le tradizioni una formula come “solo dal Padre”, per esempio, se intesa non al di là del principaliter agostiniano, senza quindi assolutizzarlo; la Chiesa cattolica, dal canto suo potrebbe eliminare dal Credo il Filioque se fosse necessario arrivare ad una formulazione comune (già due papi hanno recitato il Simbolo insieme a dei fratelli ortodossi senza includere il Filioque!)
Kasper:
La teologia occidentale è chiamata a non rinunciare alla propria Tradizione; contemporaneamente, però, non ha neanche il diritto di imporla.
Il punto della situazione nei testi magisteriali
Come accennato, la Chiesa Cattolica mantiene il Filioque in situazioni decisive. Tre esempi.
* Nell’81, Giovanni Paolo II ha partecipato ad una celebrazione comune con alcuni fratelli ortodossi recitando il Credo senza Filioque (ma già Pio XI si era reso protagonista di un gesto simile!)
* Fin dal 1742, inoltre, la formula del Filioque non era obbligatoria per i cristiani cattolici di rito orientale, secondo un decreto di Benedetto XIV.
* Oggi, nella disciplina dei cattolici greci di rito latino, si recita il simbolo tradotto in greco moderno senza il Filioque.
Riassumendo quanto detto negli ultimi due paragrafi potremmo dire che: lo Spirito ad intra Amore e Dono (Persona-Dono secondo la proposta di Giovanni Paolo II), è ad extra Dono. Nell’elaborare queste riflessioni, la teologia latina è stata più “speculativa”; la teologia greca è stata più prudente. Punto di comunione certo delle due formulazioni è la profonda soteriologia sottesa alle dottrine; sia in oriente che in occidente, l’Essere stesso di Dio Uno e Trino è la base della soteriologia; capovolgendo i termini: ontologia e soteriologia sono la stessa cosa in Dio.
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p ORIENTE ED OCCIDENTE
TEOLOGIA LATINA DELLO SPIRITO
TEOLOGIA GRECA
ex Verbo esteriore
che è accompagnato dall’alito
à garantito il P come principium
à apertura dello Spirito al mondo e alla storia
Gv 15,26 ho parà tou patròs ekporèuetai -- dal Padre
-- il Figlio ha un ruolo Gv 14,16
Gv 14,26
Gal 4,6 è lo Spirito del Figlio
Rom 8,9; Fil 1,19 è lo Spirito di Gesù Cristo
Ap 22,1 l’acqua della vita scaturisce (ekporeuòmenon)
Credo Costantinopolitano ek (cf. 1Cor) al posto di parà
il participio presente al posto dell’indicativo = un’origine eterna e continua
ekporeuetai - processio = scaturire = solo dal Padre, che è fonte totius divinitatis
proiénai cooperazione del Figlio nello scaturire dello Spirito
à Vulgata processio: concetto generico... dunque come differenziare le due processioni
il F partecipa alla processio dello Spirito, ma non principaliter, perché principio è il P, ma in forma derivata dal Padre, per la forza stessa che il Padre stesso gli comunica (il Padre infatti gli comunica tutta la sostanza divina, tranne la paternità). In tal senso lo Spirito procede dal P e dal Figlio, tamquam ab uno principio.
à Greci. La partecipazione del Figlio alla spirazione non viene neppure menzionata... Se nell’economia c’è, ci sarà pure nell’immanenza.
PERCIÒ i primi Padri non hanno contestato il Filioque, o addirittura lo hanno usato
Sono teologie complementari
Ma poi si inserisce la formula confessionale
Toledo inserito il F contro il priscillianismo, per sottolineare la consustanzialità del Figlio
Nicea II (787) per Filium
Carlo Magno, a Francoforte (794) (anti-Nicea) Filioque!, come recepito in Occidente
Aquisgrana inserito nel Credo
Monaci franchi di San Saba a Gerusalemme: inserito nel credo durante la messa
Papa Leone III rifiutava di respingere Nicea II e di difendere il Filioque inserendolo nella Messa
---- Enrico II (1014) all’incoronazione lo pretende e Benedetto VIII concede
Lateranense IV (1215), Lione II (1274): Filioque, ma non vi sono due principi nella Trinità!
Oriente non si possono dare testi donde un’etera pistis
Fozio «monopatrismo», ek monu tu patros nel senso in cui la ekporeuesis si distingue dal proienai. Comunque si fa piazza pulita dei PP greci antichi, che conoscono il per Filium o formule analoghe.
Gregorio di Palama (sec xiv) ciò che ci viene infuso non è lo Spirito, ma un dono increato, per cui - radicalizzando la teologia apofatica - dalla Trinità economica non possiamo risalire a quella immanente.
Firenze (1439-45) il Figlio è causa ma non principio della spirazione. Ognuno può privilegiare il proprio approccio.
-- Latini Il F è davvero consostanziale al P
Lo S è anche lo S del F
-- ma qual è il rapporto tra S e P
-- Greci La monarchia è del P
Lo S ha libertà d’azione
-- ma qual è il rapporto tra F e S
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