Emmerich vede un Cabalista circa nel 1200d.C

hanno detto a PUTIN che non si possono mettere limiti alla NATO perché Rockefeller ha deciso di conquistare il mondo!

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ICST-2017International Conference on the Shroud of TurinJuly 19-22, 2017, TRAC Center, Pasco, Washington, USA
Il
Mandylion
a Costantinopoli
Fonti letterarie e iconografiche
Alfonso Caccese
1
- Emanuela Marinelli
2
- Laura Provera
3
- Domenico Repice
=======
===========
===== 
anni a fa, io ho letto un articolo 
dove la Emmerich vede un Cabalista circa nel 1200d.C.
creare con la magia nera, la attuale Sindone di Torino
 mentre il 
lenzuolofunebre originale con il sudore cadaverico si troverebbe ancora custodito
 in Oriente! 
In novitate radix, in.novitate.radix@gmail.com
2
Collegamento pro Sindone, sindone@fastwebnet.it
3
Pontificia Università Antonianum, proveralaura@libero.it
2
Amici Romani della Sindone, amiciromanidellasindone@gmail.com
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Il σovecento e l’iniὐio del nuovo ὅecolo hanno viὅto il fioὄiὄe di numeὄoὅi ὅtudi ineὄenti loὅviluppo dell’iconogὄafia cὄiὅtiana dei pὄimi ὅecoli e il ὅuo ὄuolo nella tὄaὅmiὅὅione della fede
1
. La
ὄiὅcopeὄta dell’icona cὄiὅtiana del pὄimo millennio, inoltὄe, coincide con il peὄiodo degli iniὐi degli
studi scientifici applicati alla Sindone, con la famosa prima fotografia del telo, scattata da SecondoPia nel Maggio del 1898
2
.
All’iniὐio del X
X secolo il professor Paul Vignon, filosofo e scienziato, mise in evidenza lostretto rapporto fra la Sindone e le raffigurazioni del Volto di Cristo dal IV secolo in poi
3
. Lo studiodei documenti scritti è prezioso. Assieme alla parte letteraria va simultaneamente considerato il
numeὄoὅo e vaὄio ὄepeὄtoὄio iconogὄafico. δ’oὅὅeὄvaὐione della ὅomiglianὐa tὄa il volto ὅindonico ela maggioὄ paὄte delle ὄaffiguὄaὐioni di ἑὄiὅto conoὅciute nell’aὄte, ὅia oὄientale che occidentale
4
,unitamente allo studio delle fonti che fanno riferimento a tali immagini, mostra una palese
dipendenὐa. δ’evidente ὅomiglianὐa non puά eὅὅeὄe attὄibuita a un puὄo caὅo, ma ὅembὄa eὅὅeὄe pὄopὄio il ὄiὅultato di una coὄὄelaὐione, mediata o immediata, di un’immagine dall’altὄa e di tutte
dauna fonte comune
5
.
Paul Vignon ὅoὅteneva che il viὅo di ἑὄiὅto, come è pὄeὅentato nell’aὄte cὄiὅtiana, venne
elaborato e modellato a partire dal volto sindonico e riteneva pure che esistesse una somiglianza trail tipo classico del volto di Cristo con la barba e la tenue immagine impressa sulla Sindone
6
.
τὅὅeὄvando il volto dell’Uomo della Sindone, infatti, è poὅὅibile individuaὄe numeὄoὅi
elementi di irregolarità che si ripetono nelle immagini dipinte di Cristo: questi non sono attribuibilisemplicemente alla fantasia degli artisti
7
. Essi inoltre permettono di ipotizzare, con un elevato gradodi certezza, che le antiche raffigurazioni del volto di Cristo dipendano dalla venerata reliquia.Analizzando le riproduzioni pittoriche, egli per primo notò ed evidenziò alcune coincidenzecon il volto sindonico, successivamente denominate
“punti di Vignon”. I
capelli sono lunghi e
1
U
SPENSKIJ
L.,
La teologia dell’icona
, Milano, 1995, pp. 329-366; M
UZJ
M.G.,
Visione e presenza
, Milano, 1995; G
RABAR
A.,
Bisanzio
, Milano,1964; F
ALETTI
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Da Bisanzio alla Santa Russia
, Roma, 2011; J
AZYKOVA
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Io faccio nuova ogni cosa
, Milano, 2000; L
AZAREV
V.,
Storia della pittura bizantina
, Torino, 1967.
2
E
NRIE
G.,

La Santa Sindone rivelata dalla fotografia,
Torino, 1938
2
.
3
V
IGNON
P.,
Le Saint Suaire de Turin devant la science, l’archéologique, l’histoire, l’iconographie, la logique
, Paris, 1902.
4
M
ARINELLI

E.,
La Sindone e l’iconografia di Cristo
, in
Shroud of Turin, the controversial intersection of faith and science
,
InternationalConference,

St. Louis (Missouri, USA), 9-12 Ottobre 2014,

http://www.sindone.info/STLOUIS1.PDF
5
P
FEIFFER
H.,
La Sindone di Torino e il Volto di Cristo
nell’arte paleocristiana, bizantina e medievale occidentale
, in
Emmaus 2
, Quaderni di StudiSindonici, Centro Romano di Sindonologia, Roma 1982, p. 13; id.,
L’immagine di Cristo nell’arte
, Roma, 1986, pp. 35-51.
6
V
IGNON
P.,
Le Linceul du Christ. Étude scientifique
, pp. 163-192; P. V
IGNON
,
Le Saint Suaire de Turin devant la Science, l’Archéologie, l’Histoire,l’Iconographie, la Logique
, op. cit., pp. 113-191.
7
Il II Concilio di Nicea specifica:
«La produzione delle immagini non è un’invenzione dei pittori,
ma legge approvata e tradizione della ChiesaCattolica»
,

cfr. D
I
D
OMENICO
P.G.

(Ed.),

Atti del Concilio Niceno Secondo Ecumenico Settimo,
Città del Vaticano 2004, p. 304.
 



2
bipartiti. Talvolta sono presenti due o tre ciocche di capelli nel mezzo della fronte e questo
paὄticolaὄe puά eὅὅeὄe un’inteὄpὄetaὐio
ne pittorica del rivolo di sangue a forma di epsilon visibile alcentro della fronte del volto sindonico. Le arcate sopracciliari sono pronunciate e in alcune di queste
ὄaffiguὄaὐioni un ὅopὄacciglio appaὄe piὶ alto dell’altὄo, come nel volto ὅindonico. Al
la radice delnaso alcuni ritratti evidenziano un segno simile a un quadrato mancante del lato superiore e sotto di
eὅὅo c’è un ὅegno a V. Il naὅo è lungo e diὄitto e gli occhi ὅono gὄandi e pὄofondi, ὅpalancati, con
iridi enormi e grandi occhiaie. Gli zigomi risultano molto pronunciati, talvolta con macchie. Inalcune immagini si evidenzia, proprio come sulla Sindone, una zona abbastanza larga, senzaimpronta, tra le gote e la chioma, cosicché le bande dei capelli appaiono fortemente distaccate dal
viὅo. Una guancia dell’Uomo della Sindone è molto gonfia, pὄobabilmente a cauὅa di un foὄte
trauma, ed è evidente
l’aὅimmetὄia del volto. σella ὐona infeὄioὄe di eὅὅo, all’alteὐὐa delle oὅὅa
mascellari, si evidenziano significative somiglianze fra il volto sindonico e le raffigurazioni di GesùCristo. I baffi, spesso spioventi, sono disposti asimmetricamente e scendono oltre le labbra da
ciaὅcun lato con un’angolatuὄa diveὄὅa. δa bocca è picc
ola e non viene nascosta dai baffi. La barba,non troppo lunga, bipartita e talora tripartita, è leggermente spostata da un lato
ν c’è una ὐona ὅenὐa
barba sotto il labbro inferiore
. δ’iὅpiὄaὐione ὅindonica è evidente, ad eὅempio, nei ὅegni eὅiὅtenti fὄa
le sopracciglia, sulla fronte e sulla guancia destra del Volto di Cristo (VIII secolo), affresco dellecatacombe di Ponziano
8
a Roma
9
.Alla luce di queste evidenti corrispondenze risulta indispensabile cercare nella storia idocumenti, gli accenni, le descrizioni di questo singolare oggetto, per comprendere in che misurapossa aver influenzato le raffigurazioni di Cristo nel corso dei secoli
10
.È noto che il Nuovo Testamento non riporta alcuna descrizione dei lineamenti fisici di Gesù.
δe pὄoibiὐioni dell’ant
ica legge (Es 20,4; Dt 5,8) probabilmente risultavano essere un ostacolo perla Chiesa nascente e un impedimento a fissare la fisionomia in ritratti pittorici o statue, benché laleggenda ne attribuisca alcune a San
δuca o a σicodemo, quindi all’epoca apoὅ
tolica
11
.Fino al IV secolo si impongono rappresentazioni simboliche
12
di Cristo (agnello, pane, pesce)
unitamente all’utiliὐὐo di ὅembianὐe deὄivate da altὄe ὄeligioniμ ἑὄiὅto ὅole, Paὅtoὄe, τὄfeo, Eὄcole,
Taumaturgo, Maestro, Filosofo. In molti casi viene utilizzata la rappresentazione del Cristo giovanee imberbe al fine di sottolineare la sua natura divina
13
.Dopo la libertà di culto concessa da Costantino al cristianesimo e sancita dal cosiddetto Edittodi Milano del 313, inizia a diffondersi una diversa immagine del volto di Gesù, caratterizzato dallabarba non troppo lu
nga, dai baffi, dall’aὅpetto alto e maeὅtoὅo, dai capelli lunghi che cadono ὅulle
spalle e talvolta mostrano una riga centrale che li divide
14
.
Una delle pὄime ὄaffiguὄaὐioni del ἑὄiὅto baὄbato la ὅi incontὄa a Roma nell’Ipogeo degli
Aureli (III secolo). Fra le opere che lo mostrano con la barba sono da ricordare alcuni sarcofagi diepoca teodosiana (IV secolo) ancora conservati, ad esempio, nei Musei Vaticani, a San Sebastiano
fuoὄi le εuὄa a Roma, a Sant’
Ambrogio a Milano e al Museo Lapidario di Arles.
8

δe catacombe di Ponὐiano ὅono un’aὄea funeὄaὄia cὄiὅtiana, ὅituata a Roma, alle pe
ndici del Monte Verde, nel moderno quartiere Gianicolense. Inpassato era conosciuto anche con il nome di catacombe di Abdon e Sennen, due persiani convertitisi al cristianesimo e per questo martirizzati.Ponziano era il proprietario del terreno che forse aveva ospitato papa Callisto I, a Trastevere, nella propria casa, durante la persecuzione diAlessandro Severo dal 222 al 235. Numerosi martiri furono sepolti in questo cimitero e alcune gallerie delle catacombe risultano ancora inesplorate.Si datano dal III al VII secolo per le testimonianze archeologiche che lo attestano. Fu scoperta nel 1618 e scavi sistematici vennero condotti nel1883. Ulteriori scavi, tra il 1917 e il 1924, portarono alla luce anche vari oratori e il cosiddetto battistero dove è coll
ocata l’immagine del ἑὄiὅto
Pantocratore. Cfr. T
ESTINI
P.,
Le catacombe e gli antichi cimiteri cristiani in Roma
, Bologna, 1966, p. 107 e p.145.
9
W
ILSON
I.,
Icone ispirate alla Sindone
, in C
OPPINI
L. - C
AVAZZUTI
F. (Edd.),
Le icone di Cristo e la Sindone
, Cinisello Balsamo (Milano) 2000, pp.72-88, a p. 78.
10
D
ROBOT
G.,
Il volto di Cristo, fedeltà a un santo modello
, in

C
OPPINI
L. - C
AVAZZUTI
F. (Edd.),
Le icone di Cristo e la Sindone
, op. cit., pp. 57-71,a p. 60.
11
M
ARINELLI
E.,
Three “Acheiropoietos”
Images in comparison with the Turin Shroud
, in
International Interdisciplinary Conference on the Acheiropoietos Images
, Toὄuń, Poland, 11–
13 Maggio 2011, pp.1-7,https://www.academia.edu/867143/Three_Acheiropoietos_images_in_comparison_with_the_Turin_Shroud

12
Per il tema del simbolo nel cristianesimo antico e medievale, cfr. B
AUDRY
G-H.,
Simboli cristiani delle origini
, Milano, 2016;
DE
C
HAMPEAUX
G.

-

S
TERCKX
S.,
I simboli del medioevo
, Milano, 1997.
13
P
FEIFFER
H.,
La Sindone di Torino e il Volto di Cristo nell’arte paleocristiana, bizantina e medievale occidentale
, op. cit., pp. 20-21; M
ATHEWS
T.,
Scontro di dei
, Milano, 2005.
14
P
FEIFFER
H.,
La
Sindone di Torino e il Volto di Cristo nell’arte paleocristiana, bizantina e medievale occidentale
, op. cit., p. 17.

 









3
Altri esempi di raffigurazioni di Cristo che mostrano una spiccata somiglianza con il voltosindonico sono: il mosaico del Cristo
nell’abὅide della ἐ
asilica di Santa Pudenziana a Roma (IVsecolo); il Cristo docente del cubicolo di Leone nelle catacombe di Commodilla a Roma (IV secolo)e il Cristo in trono tra Pietro e Paolo delle catacombe dei Santi Marcellino e Pietro a Roma (IV-Vsecolo).
Anche l’antica
icona su tavola chiamata Acheropita del SS. Salvatore, venerata
nell’oὄatoὄio di San
Lorenzo in
Palatio
, chiamato
Sancta Sanctorum
, a Roma, pur nella suasemplicità stilistica,
moὅtὄa in manieὄa ὅchematica queὅta ὅomiglianὐa. δ’icona oὄiginale,
completamente deteriorata, risale al V-VI secolo. Il mosaico della cappella di San Venanzio pressoil battistero di San Giovanni in Laterano (VII secolo) mostra un busto del Cristo di tal genere. Si
tὄatta di uno dei moὅaici piὶ appὄeὐὐabili della pὄoduὐione ὄomana dell’epoca. Altὄi eὅempi ὅonoμ la
tavola del Cristo della cattedrale dei Santi Margherita e Martino a Tarquinia (Viterbo), XII secolo;la tavola del Cristo della cattedrale Santa Maria Assunta a Sutri (Viterbo), XIII secolo; il mosaicoabsidale della Basilica di San Giovanni in Laterano (XIII secolo)
15
.A partire dal VI secolo anche in Oriente si diffonde un particolare tipo di ritratto di Cristo chesembra ispirarsi alla Sindone. Si tratta del Cristo maestoso, con barba e baffi, chiamato
Pantocrator

(il ἑὄeatoὄe di tutte le coὅe, che in τccidente veὄὄà chiamato l’τnnipotente), di cui eὅiὅtono alcuni
antichi esempi nelle chiese rupestri in Cappadocia
16
. δ’iὅpiὄaὐione alla Sindone è alquanto evidenteanche nel volto di ἑὄiὅto ὅul vaὅo d’aὄgento del VI ὅ
ecolo trovato a Homs, in Siria, oggi conservatoal
Louvre
di Parigi e
in quello viὅibile ὅul ὄeliquiaὄio d’aὄgento del ηη0, pὄoveniente
da Cherson
17
,in Crimea
, che ὅi tὄova all’
Ermitage
di San Pietroburgo
18
.Il
Pantocrator

è pὄeὅente anche nell’eὄa poὅt
-bizantina ed è rimasto sostanzialmente invariatofino a oggi
19
. Queὅto modo di ὄappὄeὅentaὄe il ἑὄiὅto è diventato l’unico nel pὄimo millennio
cristiano sia in Oriente che in Occidente
20
. Anche con l’iniὐio del nuovo millennio cὄiὅtiano le coὅe
in Oriente non mutano. Nel
Pantocrator
(XIII secolo) della Basilica di Santa Sofia a Costantinopolie nel
Pantocrator
(XIV secolo) della chiesa di San Salvatore in Chora, sempre a Costantinopoli, sipossono notare le guance concave e gli zigomi sporgenti e asimmetrici.Un segno particolare e originale è il dettaglio in mezzo alla fronte. Esso è presente in modofrequente; può trattarsi di una o doppia ciocca di capelli, talvolta anche una ruga verticale. Viene
ὅempὄe dipinto al centὄo della fὄonte e ὄivela, puὄ nelle diveὄὅe inteὄpὄetaὐioni, l’oὄigine ὅindonicaμ il
caratteristico rivolo di sangue sulla fronte.La ciocca di capelli, semplice o doppia, si nota ad esempio nel mosaico della volta absidale
dell’oὄatoὄio di San δoὄenὐo in
Palatio
a Roma che raffigura il Cristo
Pantocrator
in un clipeo (IXsecolo); nel
Pantocrator
(XII secolo) della Cattedrale di Cefalù (Palermo); nel
Pantocrator
(XIIsecolo) della Cattedrale di Monreale (Palermo); nel
Pantocrator
(XII secolo) della chiesa di
Sant’Angelo in Foὄmiὅ a ἑapua (ἑaὅeὄta)ν nel
Pantocrator
(XII secolo) della chiesa del monasterodi Dafni, nei dintorni di Atene
21
.Il particolare appare, invece, come un vero e proprio rivolo di sangue sulla fronte di Cristo nelpannello della crocifissione di una delle vetrate del Portale dei Re nella cattedrale di Chartres (XIIsecolo)
22
.

δ’oὅὅeὄvaὐione del volto ὅindonico ὅembὄa aveὄe
condizionato anche la rappresentazione diCristo sulle monete bizantine a partire dal VII secolo
23
. Il primo imperatore a far raffigurare sulle
15
Z
ANINOTTO
G.,
L’Acheropita del SS. Salvatore nel Sancta Sanctorum del Laterano
, in C
OPPINI
L. - C
AVAZZUTI
F. (Edd.),
Le icone di Cristo e laSindone
, op. cit., pp. 164-180, a pp. 178-179.
16
M
ANTON
L.,
The Cappadocian frescoes in relation to the Turin Shroud
, in D
OUTREBENTE
M.-A. (Ed.),
Acheiropoietos. Non fait de main
d’homme
,
Actes du III Symposium Scientifique International du CIELT
,
Nice, 12-13 Maggio 1997
, Paris 1998, pp. 119-126.
17

ἑheὄὅon eὄa un’antica città, le cui ὄovine ὅi tὄovano nei pὄeὅὅi di Sebaὅtopoli. δa città decadde con la caduta di ἑoὅtantino
poli (1453).
18
M
ORONI
M.,

L’icona di Cristo nelle monete bizantine. Testimonian
ze numismatiche della Sindone a Edessa
, in C
OPPINI
L. - C
AVAZZUTI
F. (Edd.),
Le icone di Cristo e la Sindone
, op. cit., pp. 122-144, a p. 124.
19
G
HARIB
G.,
Icone bizantine e ritratto di Cristo
, in C
OPPINI
L. - C
AVAZZUTI
F. (Edd.),
Le icone di Cristo e la Sindone
, op. cit., pp. 35-56, a p. 35.
20
P
FEIFFER
H.,
La Sindone di Torino e il Volto di Cristo nell’arte paleocristiana, bizantina e medievale occidentale
, op. cit., p. 20.
21
G
HARIB
G.,
Le icone di Cristo, storia e culto
, Roma 1993, p. 153.
22
F
ALCINELLI
R.,
Testimonianze sindoniche a Chartres
, in B
AIMA
B
OLLONE
P.

-

LAZZERO
M.

-

M
ARINO
C
.
(Edd.),

Sindone e Scienza. Bilanci e programmi alle soglie del terzo millennio
, pp. 300-311, a p. 303 e p. 310,https://www.academia.edu/872980/Testimonianze_sindoniche_a_Chartres-Torino_1998
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 hanno detto a PUTIN che non si possono mettere limiti alla NATO perché Rockefeller ha deciso di conquistare il mondo!

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persone ancora presenti sul Golgota

La Sindone secondo Maria Valtorta 
PDF) La Sindone secondo Maria Valtorta | Ugo Bertolami - Academia.edu
Supplemento di Ugo Bertolami al libro di Vincenzo Cerri
"La S. Sindone e le intuizioni mistiche di Maria Valtorta"







https://www.academia.edu/33496049/La_Sindone_secondo_Maria_Valtorta

Don Vincenzo Cerri pubblicò in proprio, per una tiratura di poche copie, questo bel libro dedicato alla Sindone secondo la descrizione che Maria Valtorta fa della Passione di Gesù. Io potei
averne una copia grazie a Mario Cerri, nipote dell’Autore, che mi
indirizzò ad una persona la quale conservava quella copia come oggetto sacro.

Pressoché sconosciuto in Italia, il libro mi era stato segnalato da un appassionato lettore della Valtorta di lingua inglese. Per una strana sorte, infatti, qualcuno ne aveva curato la traduzione e la pubblicazione in quella lingua. Sembra che l’edizione inglese avesse
avuto anche una discreta diffusione. Qualche copia si può ancora acquistare online.

Dopo quasi quarant’anni, come un emigrato che torni in patria,
il libro ora ricompare in Italia.

Nel 1978, quando fu pubblicato, non esisteva quasi il concetto di diffusione globale che ha portato la rete di Internet, con tutti i suoi pregi e difetti. Lo testimonia la sua grafica, tutta basata su disegni in bianco e nero, che riportano a quel periodo.

Dopo averlo letto, mi sono chiesto che cosa potesse ancora dire, dopo così tanto tempo, il libro di Don Cerri. A parte il fatto di essere
forse l’unico libro che tratta l’argo
mento della Sindone sotto la specifica angolazione valtortiana, può un libro come questo reggere il passo con le innumerevoli pubblicazioni sulla Sindone che si sono succedute dagli anni settanta ad oggi e che si basano su esperimenti effettuati con i più sofisticati strumenti scientifici? La risposta è affermativa, in quanto Cerri, sacerdote cattolico, ci descrive la Sindone da credente, facendoci capire ciò che può servire alla nostra labile fede.

I limiti della sua trattazione, chiariti nella prefazione, lo hanno messo in parte a riparo da quella certa
"ansia da prestazioni scientifiche
" che ha coinvolto molti autor
i moderni, troppo indaffarati a fare controlli di laboratorio su un oggetto che, per sua natura, non ne richiederebbe in quanto opera di Dio. Sarebbe fuori luogo, dunque, non rispettare tali limiti con un supplemento che avesse lo scopo di aggiornare il testo alle nuove indagini, così piene
di "effetti speciali": sarebbe come paragonare un vecchio telefono
ad un moderno tablet.

Detto questo, però, finito di leggere il libro, sono rimasto perplesso per il fatto che non venisse fatta menzione di quella che sembra esser diventata la materia del contendere tra credenti e non credenti: trovare le prove scientifiche di come si sia formata
l'immagine sindonica.
 
La formazione valletta
'immagine sindonica

II Cerri, come detto, stranamente non ne tratta, limitandosi ad un accenno nel capitolo introduttivo (pag. 11 della presente nuova edizione). La cosa appare strana, in quanto negli scritti valtortiani se ne parla in più punti. Per esempio, non solo con la cruda e poetica
frase, tratta da "I quaderni

del 1943", che il
Cerri riporta a pag. 22:
laSindone dove il sudore della mia morte ha impresso il segno del mio dolore, sof
ferto per l'umanità
; ma anche, e più diffusamente,
nell'opera
maggiore, dove Gesù dice alla Valtorta:

«... Tu

l'hai vista la corona di lividi che stava intorno ai miei
reni. I vostri scienziati, per dare una prova alla vostra incredulità rispetto a quella prova del mio patire che è la Sindone, spiegano
come il sangue, il sudore cadaverico e l'urea di un corpo
sopraffaticato abbiano potuto, mescolandosi agli aromi, produrre quella naturale pittura del mio Corpo estinto e torturato.

Meglio sarebbe credere senza aver bisogno di tante prove per credere. Meglio sarebbe dire:
"Ciò è opera di Dio" e benedi
re Iddioche vi ha concesso di avere la prova irrefragabile della miaCrocifissione e delle precedenti torture!

Ma poiché, ora, non sapete più credere con la semplicità dei bambini, ma avete bisogno di prove scientifiche - povera fede, la vostra, che senza il puntello e il pungolo della scienza non sa star ritta e camminare
-
sappiate che le contusioni feroci delle mie reni
sono state l'agente chimico più potente nel miracolo della Sindone.
Le mie reni, quasi frante dai flagelli, non hanno più potuto lavorare.Come quelle degli arsi in una vampa, sono state incapaci di filtrare,
e l'urea si è accumula
ta e sparsa nel mio sangue, nel mio corpo,dando le sofferenze della intossicazione uremica e il reagente chetrasudando dal mio cadavere fi
ssò l'impronta sul
la tela. Ma chi èmedico fra voi, o chi fra voi è malato di uremia, può capire qualisofferenze dovettero darmi le tossine uremiche, tanto abbondanti da
esser capaci di produrre un' impronta indelebile»
. (Valtorta 613.7 )Possibile che Cerri non conoscesse questo
"dettato"?

E' vero che comunque il meccanismo di formazione dell'impronta rimane un mistero, ma è altresì vero che molti
ricercatori attribuirono l'imbrunimento superficiale della Sindone
alla reazione dell'urea con gli aromi (
aloè e mirra) proprio come Gesù dice alla Valtorta.
Da Vignon a Intrigillo

Per far capire cosa intendesse Gesù con questa straordinaria rivelazione, e le sue dirette conseguenze, faccio un breve resoconto




Passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo - Anna Katharina Emmerick (parrocchiasanvitale.it)

Passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo - Anna Katharina Emmerick
Scritto da Super User Categoria: Spiritualità Visite: 25953

Fotogramma tratto dal film "La Passione di Cristo" di Mel Gibson

L'orribile flagellazione Secondo le rivelazioni di Suor Anna Caterina Emmerick
(Beata)

Per calmare la plebaglia con una punizione che la impietosisse, Pilato diede ordine di flagellare Gesù, secondo l'uso romano.. Fra il tumulto e il furore popolare Gesù fu condotto dagli sgherri sul piazzale. Il Signore venne trascinato bruscamente vicino al corpo di guardia del pretorio, dove si trovava la colonna di marmo munita di anelli e ganci; essa era destinata esclusivamente alla flagellazione dei condannati. I sei flagellatori, che svolgevano la funzione di carnefici nel pretorio, provenivano dalle frontiere egiziane, erano bruni, bassi e tarchiati; seminudi e mezzo ebbri, sembravano bestie assetate di sangue. Essi avevano nello sguardo qualcosa di diabolico; vicino a quella colonna avevano fustigato a morte molti altri condannati.

Benché il Salvatore non avesse opposto alcuna resistenza, venne trascinato con le funi, mentre i flagellatori gli assestavano pugni e calci. Gli strapparono di dosso il manto derisorio di Erode e fecero quasi cadere il Signore a terra. Vidi Gesù tremare e rabbrividire davanti alla colonna. Egli stesso si tolse la veste con le mani gonfie e sanguinanti. Poi pregò e volse per un attimo lo sguardo verso la sua santa Madre immersa nel dolore...

I carnefici, senza cessare le loro orrende imprecazioni, legarono le mani di Gesù a un grande anello fissato alla sommità della colonna dell'infamia. Così facendo, gli tesero talmente le braccia al di sopra della testa che i piedi legati fortemente alla colonna non toccavano completa mente il suolo. Due di quei bruti, assetati di sangue, iniziarono a flagellare il corpo immacolato di Gesù provocandogli i più atroci tormenti. Non mi è possibile descrivere le tremende atrocità inflitte a nostro Signore.

Le prime verghe di cui si servirono gli aguzzini erano strisce di color bianco, sembravano fatte di legno durissimo o nervi di bue.

Dorso, gambe e braccia venivano lacerati sotto i pesanti colpi del flagello, finché la pelle a brandelli col sangue schizzò al suolo. I gemiti dolorosi di Gesù sofferente erano soffocati dal clamore della plebaglia e dei farisei, che continuavano a gridare: "Fatelo morire! Crocifiggetelo!".


Per imporre il silenzio, e continuare a parlare al popolo, Pilato faceva suonare una tromba. Allora sulla piazza si udivano solo le sue parole, accompagnate dall'orribile sibilo della frusta e dai gemiti del Signore, come anche dalle imprecazioni degli ebbri carnefici...

La maggior parte del popolo manteneva una certa di stanza dal luogo della flagellazione, solo alcuni andavano e venivano dai paraggi della colonna per insultare il Signore... Giovani infami preparavano verghe fresche presso il corpo di guardia, altri cercavano rami spinosi per intrecciare la corona di spine. I servi dei sacerdoti avevano regalato denaro ai flagellatori e avevano dato loro delle brocche colme di un liquore rosso, del quale bevvero fino a ubriacarsi.

Dopo un quarto d'ora i carnefici che avevano flagellato Gesù furono Sostituiti da altri due. Questi ultimi si avventarono contro Gesù con cieco furore, usando anche bastoni nodosi con spine e punte. I colpi dei loro flagelli laceravano la carne del Signore fino a farne sprizzare il sangue sulle braccia dei carnefici. Presto quel santo corpo fu ricoperto di macchie nere e rosse, il sangue colava a terra ed egli si muoveva in un tremito convulso, tra ingiurie e dileggi...

La terza coppia di carnefici si avventò con maggior foga delle altre sul corpo martirizzato di Gesù. Per la fustigazione essi si servirono di cinghie munite di uncini di ferro. Eppure la loro rabbia diabolica non si placò. Gesù venne slegato e poi di nuovo legato, questa volta col dorso contro la colonna. Poiché il Signore non poteva più reggersi, gli passarono delle corde sul petto e lo legarono con le mani dietro la colonna. Ripresero così a fustigarlo. Gesù aveva il corpo ridotto a un'unica piaga e guardava i suoi carnefici con gli occhi pieni di sangue, come se implorasse la grazia. Ma, in risposta ai suoi flebili gemiti, la loro furia aumentò e uno dei carnefici lo colpì al viso con un'asta più flessibile.

L'orribile flagellazione durava già da tre quarti d'ora, quando uno straniero d'infima classe, parente di un cieco sanato da Gesù, si precipitò dietro la colonna con un coltello a forma di falce e gridò con voce indignata: "Fermatevi! Non colpite quest'innocente fino a farlo morire!". Approfittando dello stupore dei carnefici ebbri, lo straniero recise le corde annodate dietro la colonna e subito disparve tra la folla. Gesù cadde al suolo in mezzo al suo sangue; gli aguzzini lo lasciarono e se ne andarono a bere...

Al loro ritorno i flagellatori lo presero a calci per farlo rialzare. Gesù, strisciando, fece per riprendersi la fascia che gli aveva cinto i fianchi, ma i carnefici gliela spingevano sempre più lontana, costringendolo a contorcersi al suolo nel suo sangue e a strisciare come un verme; tutto questo avveniva tra i fischi, i motti e gli insulti della gente. Infine lo rimisero in piedi, gli gettarono la veste sulle spalle e lo sospinsero frettolosamente verso il corpo di guardia. Con la veste egli si asciugava il sangue che gli fuoriusciva copioso dal volto... Quando la crudele flagellazione ebbe fine erano circa le nove del mattino.

Gesù oltraggiato e coronato di spine.


L'incoronazione di spine fu eseguita nel cortile del corpo di guardia, le cui porte erano aperte; nell'interno si trovavano una cinquantina di aguzzini, servi e furfanti, i quali presero parte attiva ai martìri di Gesù. La folla si accalcava da tutti i lati, finché l'edificio fu isolato dai soldati romani.
Gesù fu spogliato nuovamente e rivestito di un vecchio mantello militare color porpora, che gli arrivava fin sopra alle ginocchia. Il mantello si trovava in un angolo della stanza e con esso venivano coperti i criminali dopo la flagellazione. Il Signore fu fatto sedere al centro del cortile, su un tronco di colonna ricoperto di cocci di vetro e di pietre.

Indicibile fu il tormento di quella incoronazione: intorno al capo di Gesù venne legato un serto intrecciato di tre rami spinosi, alto due palmi, le cui punte erano rivolte verso l'interno. Nel legare posteriormente la corona al santo capo, i carnefici gliela strinsero brutalmente per fare in modo che le spine grosse un dito si conficcassero nella sua fronte e nella nuca. Poi gli infilarono una canna tra le mani legate, si posero in ginocchio davanti a lui e inscenarono l'incoronazione di un re da burla.
Non contenti gli strapparono di mano quella canna, che doveva figurare come scettro di comando, e iniziarono a percuotergliela sulla corona di spine, tanto che gli occhi del Salvatore furono inondati di sangue; al tempo stesso i malfattori lo schiaffeggiavano e gli rivolgevano volgarità di ogni tipo... Il suo corpo era tutto una piaga, tanto che camminava curvo e malfermo. Il povero Gesù giunse sotto la scalinata davanti a Pilato, suscitando perfino in quest'uomo crudele un senso di compassione. Il popolo e i perfidi sacerdoti continuavano a schernirlo...

Pilato si assise sul seggio più elevato, di fronte alla colonna della flagellazione. Il seggio era ricoperto da un drappo scarlatto sul quale stava un cuscino azzurro con i bordi gialli; dietro ad esso si trovava il banco degli assessori.

Il Salvatore fu trascinato attraverso la folla e venne posto in mezzo a due ladroni condannati alla crocifissione. Gesù aveva il manto rosso sulle spalle e la corona di spine intorno al capo martoriato; la moltitudine furiosa lo scherniva e lo malediceva. I sacerdoti avevano fatto ritardare l'esecuzione di questi ladroni della peggiore specie con l'intenzione di umiliare maggiormente Gesù.
Le croci dei ladroni giacevano a terra accanto a loro; ma non vidi la croce del Salvatore, probabilmente perché la sua sentenza di morte non era stata ancora pronunciata. Appena si fu assiso sul seggio, Pilato disse ancora una volta ai nemici di Gesù: «Ecco il vostro re!».

Ma essi risposero: «Crocifiggilo!».

Pilato replicò: «Dovrò dunque crocifiggere il vostro re?».


«Noi non abbiamo altro re all'infuori dell'imperatore!», risposero pronti i sommi sacerdoti.

Vidi Gesù, alla base della scalinata che conduce al tribunale, esposto al dileggio dei suoi nemici...

Pilato pronunciò la sentenza di morte Con la disinvoltura di un pusillanime. Dopo un lungo preambolo espose i capi d'accusa contro Gesù: «Condannato a morte dai capi dei sacerdoti per aver turbato l'ordine pubblico e violato le leggi ebraiche, facendosi chiamare figlio di Dio e re dei Giudei». E, facendo portare la croce, Pilato concluse con la condanna capitale:
«Condanno Gesù di Nazareth, re dei Giudei, alla crocifissione!».

Pilato redasse la condanna a morte... Il senso di questo scritto era il seguente: «Costretto dalle insistenti pressioni dei sacerdoti del tempio, da tutto il Sinedrio e dalla minaccia di una sommossa popolare, ho consegnato agli Ebrei Gesù di Nazareth, accusato d'aver turbato la pace pubblica, di aver bestemmiato e violato le loro leggi. Ho pronunciato la condanna di quest'uomo nonostante le accuse non chiare, per non essere accusato dall'imperatore di aver provocato una rivolta dei Giudei. L'ho consegnato alla crocifissione insieme a due criminali già condannati dai Giudei».

Egli fece scrivere su una tavoletta di colore bruno iscrizione da apporre sopra la croce i sommi sacerdoti, che si trovavano ancora nel tribunale, protestarono indignati contro la formulazione della sentenza, poiché Pilato aveva scritto che essi avevano fatto ritardare l'esecuzione dei ladroni con il proposito di crocifiggere Gesù con loro. Inoltre essi chiesero che sulla tavoletta non si scrivesse «re dei Giudei», bensì che «si era detto re dei Giudei». Pilato si spazientì e rispose loro incollerito: «Ciò che ho scritto, è scritto!». Tuttavia essi pretendevano che l'iscrizione fosse almeno soppressa, rappresentando un insulto al loro onore. Pilato non esaudì la loro richiesta, e così fu necessario allungare la croce mediante l'aggiunta di un altro pezzo di legno, sul quale si poteva inchiodare la tavoletta con la scritta.

Quando la croce di Gesù fu adattata in questo modo, risultò più alta di quelle dei ladroni e assunse la forma di una Y, come ho sempre contemplato; i due bracci risultarono più sottili del tronco; infine si appose uno zoccolo di legno nel posto dei piedi per sostenerli...

Il Signore venne abbandonato nelle mani dei carnefici. Gli restituirono i suoi indumenti, poiché era usanza dei Romani rivestire coloro che venivano condotti al supplizio...


Per poterlo rivestire, quegli ignobili lo denudarono un'altra volta e gli slegarono le mani. Gli strapparono violentemente il mantello purpureo, provocandogli con gran dolore la riapertura delle ferite. Egli stesso, tremante, si cinse con la fascia che serviva a coprirgli le reni. Gli fu gettato lo scapolare sulle spalle. Siccome a causa della corona di spine era impossibile infilargli la tunica inconsutile, essi gliela strapparono dalla testa causandogli dolori indicibili. Sulla tunica, tessuta dalla sua santa Madre, gli fecero indossare l'ampia veste di lana bianca, la larga cintura e il mantello. Intorno alla vita gli legarono la cinghia munita di punte, dov'erano attaccate le corde con le quali lo trascinavano. Tutto ciò fu eseguito con disgustosa brutalità.

I due ladroni stavano uno a destra e l'altro a sinistra di Gesù, avevano le mani legate e portavano una catena at torno al collo. Erano ridotti male: a causa della recente flagellazione i loro corpi erano ricoperti di piaghe. Indossavano una tunica senza maniche e una cintura intorno alle reni, sul capo avevano un cappello di paglia intrecciata, simile a quello che portano i bambini.


Il ladrone, che più tardi si convertì, era già calmo, rassegnato e pensoso; l'altro, invece, era volgare e insolente: egli si univa ai carnefici nel lanciare insulti e imprecazioni contro Gesù, il quale offriva le sue sofferenze per la loro salvezza. Vidi i carnefici occupati a sistemare gli attrezzi di tortura e a organizzare il doloroso cammino del Redentore.

Dopo aver ricevuto una copia della sentenza, i sacerdoti si affrettarono a raggiungere il tempio. E mentre questi perfidi immolavano sull'altare di pietra gli agnelli pasquali, lavati e benedetti, i brutali carnefici sacrificavano sull'altare della croce l'Agnello di Dio, sfigurato e contuso. Il primo era l'altare simbolico della legge; il secondo era quello della grazia, della carità e del perdono.

Gesù porta la croce verso il Calvario

Impazienti, i carnefici sollevarono Gesù e gli caricarono sulla spalla destra il pesante fardello. Egli rimase curvo sotto il grave peso... Mentre Gesù pregava, le mani dei due ladroni furono legate saldamente alle assi trasversali delle loro croci poste dietro la nuca...


I carnefici rialzarono il Signore con terribile violenza, facendogli sentire sulle spalle tutto il peso dell'intera croce. Così cominciò la marcia trionfale del Re dei re, tanto ignominiosa sulla terra quanto gloriosa in cielo. Ai piedi del legno della croce erano state legate due corde, per mezzo delle quali due carnefici la tenevano sollevata.


Altri quattro aguzzini tenevano delle funi attaccate alla catena che cingeva la cintura di Gesù. Il suo mantello era sollevato e trattenuto dalla cintura...

Il drappello dei legionari romani si mise in marcia sulla strada principale della città, mentre il corteo con i condannati attraversò una viuzza laterale per non intralciare il popolo che si recava al tempio. Precedeva il triste corteo un trombettiere che proclamava a ogni crocevia la sentenza di morte. Qualche passo dietro a lui venivano i servi con le funi, i chiodi, i cunei e tutti gli accessori delle croci dei due ladroni. Seguivano poi i farisei a cavallo e un giovinetto che portava sul petto l'iscrizione della croce.


Infine veniva Gesù, il Cristo, curvo e straziato sotto il carico della croce; era ferito in tutto il corpo e aveva i piedi nudi e sanguinanti. Non aveva preso cibo né bevanda dalla sera prima ed era oltremodo sfinito a causa delle perdite di sangue, della febbre e delle molteplici sofferenze.

Il Signore sosteneva la pesante croce sulla spalla aiutandosi con la mano destra, mentre con la sinistra tentava ripetutamente di sollevare la lunga veste che gli ostacola va il passo. Le sue mani erano ferite e gonfie a causa della brutalità con la quale erano state legate, il suo viso era gonfio e insanguinato, i capelli e la barba imbrattati di sangue raggrumato. La croce e le catene gli premevano sul corpo la veste di lana riaprendogli le piaghe con grande dolore. Quattro carnefici tenevano a distanza le estremità delle corde fissate alla sua cintura. Due lo tiravano in avanti e gli altri due da dietro, così che il suo passo era malfermo.

Prima caduta di Gesù sotto la croce

Davanti alla salita vi è un avvallamento nel quale si accumula acqua piovana e fango. Per facilitare il passaggio, vi era stata posta una grossa pietra, come se ne vedono in molte vie di Gerusalemme. Arrivato a quella pietra, con il grave peso sulle spalle, Gesù non riusciva a proseguire. Tirato dai suoi carnefici, cadde e la croce rovinò accanto a lui. I carnefici lo colmarono di ingiurie e lo colpirono con calci e pugni. Il corteo si fermò e ci fu un grande tumulto...

Quando Gesù riuscì a riprendersi, quegli uomini abominevoli, invece di alleviare le sue sofferenze, gli rimisero intorno alla testa la corona di spine. Lo fecero alzare a forza di maltrattamenti e gli misero la croce sul dorso. Egli fu costretto a inclinare da un lato il capo straziato dalle spine. E Gesù, con questo nuovo supplizio, riprese il doloroso cammino per la ripida strada.

Gesù incontra sua madre

Dopo la sentenza pronunciata da Pilato, l'Addolorata si fece condurre nei luoghi santificati dalle ultime sofferenze del suo adorato Figlio. Ella voleva coprire con le sue calde lacrime il sangue di Gesù. Con profonda devozione, Giovanni e le pie donne accompagnarono la Vergine nel suo sacrificio mistico. Con questa consacrazione, la santa Vergine divenne lei stessa Chiesa vivente, Madre comune di tutti i cristiani.

Mentre visitava le stazioni della sofferenza di suo Figlio, la Vergine udì il suono agghiacciante delle trombe che annunziavano la partenza del triste corteo diretto al Calvario. Allora, non potendo più trattenere il desiderio di rivedere il santo Figlio, pregò Giovanni di condurla in uno dei luoghi presso i quali doveva passare Gesù. Scesero dal quartiere di Sion e raggiunsero la piazza dalla quale era partito il corteo con Gesù, e continuarono per le viuzze laterali passando attraverso porte di solito chiuse ma che in quel giorno erano aperte per consentire il transito della folla...

Poi Giovanni, la Vergine Maria, Susanna, Giovanna Cusa e Salomè di Gerusalemme entrarono in un grande palazzo; mi sembra che questa costruzione comunicasse, attraverso viali e cortili, con il palazzo di Pilato, oppure con la dimora di Caifa. Giovanni ottenne dal benevolo portiere il permesso di attraversare il palazzo e uscire dal lato opposto. Costui li fece entrare e si prestò ad aprire la porta orientale dell'edificio. Nel vedere la Madre di Gesù pallida come una morta, con gli occhi arrossati dal pianto, tremante e sfinita, avvolta in un mantello azzurro, mi sentii morire per il dolore. Sempre più chiari si avvertivano il clamore e gli squilli di tromba che annunciavano i condannati condotti alla crocifissione.

Un altro squillo di tromba, questa volta più vicino, trapassò il cuore della santa Vergine. La triste processione era adesso visibile, distava ormai un centinaio di passi dal portone. Il corteo non era preceduto dalla folla, ma questa sta va soltanto ai lati e dietro. Dopo il trombettiere avanzavano gli schiavi con aria insolente e trionfante; essi portavano gli arnesi del supplizio. A quella vista la Madre di Gesù incominciò a tremare, a singhiozzare e a torcersi le mani.

Uno di quegli insolenti, pieno d'arroganza, chiese agli altri: «Chi è quella donna che tanto si lamenta?». Gli fu subito risposto: «E la madre del Galileo».
Subito gli scellerati la colmarono di beffe e la segnarono a dito; uno di essi presentò al suo sguardo addolorato i chiodi che dovevano servire alla crocifissione del Figlio. Vidi i farisei passare superbi sui loro cavalli, seguiti dal giovinetto che recava l'iscrizione. A pochi passi di distanza seguiva Gesù con l'orrenda corona di spine. Il Signore barcollava ed era sanguinante sotto la pesante croce. Gli occhi spenti e arrossati del Cristo sofferente gettarono sulla santa Madre uno sguardo compassionevole.

Toccata da quello sguardo colmo di misericordioso amore, la santa Vergine giunse le mani e si appoggiò al portone per non cadere. Era pallida ed aveva le labbra livide. Il Signore inciampò e barcollò, poi cadde per la seconda volta sotto il peso della croce. La Madre di Gesù, accecata dal dolore, non vide più né i soldati né gli altri, ma solo il Figlio sanguinante torturato dagli aguzzini. Nell'impeto del suo amore, si precipitò in mezzo ai carnefici nel tentativo di abbracciarlo, così cadde in ginocchio vicino a lui e se lo strinse tra le braccia. Udii esclamare: «Figlio mio!...», «Madre mia!...», ma non sono certa se queste parole fossero state pronunciate realmente o solo nello spirito.

Vidi i soldati commossi di fronte a quella Madre straziata dal dolore: essi avevano cercato di respingerla ma non ebbero il coraggio di farle del male. Vi fu un momento di confusione generale, in cui Giovanni e le pie donne ne approfittarono per rialzare Maria...

Circondata da Giovanni e dalle pie donne, l'Addolorata fu portata via e il corteo proseguì il suo triste cammino... Frattanto la soldataglia aveva rialzato Gesù e gli aveva rimesso la croce sulle spalle. In mezzo alla masnada, che seguiva il corteo per ingiuriare il Signore, vidi alcune donne velate piangere in silenzio.

Santa Veronica con il sudario

...vidi una donna uscire da una casa e gettarsi davanti al corteo. Costei era alta e bella e conduceva per mano una giovinetta. La donna si chiamava Serafia ed era moglie di Sirach, un membro del consiglio del tempio. Per dell'avvenimento di questo giorno fu chiamata Veronica..

Serafia aveva preparato a casa un eccellente vino aromatico per confortare Gesù sul doloroso cammino. Impaziente di compiere la sua offerta, la pia donna era uscita più volte per andare incontro alla triste processione. Infatti l'avevo vista correre al fianco dei soldati tenendo per mano la sua figlia adottiva di circa nove anni. Poiché non le era stato possibile aprirsi un varco tra i soldati per raggiungere il Redentore, ella era rientrata a casa per attendere il passaggio del corteo. Giunto l'atteso momento, Serafia discese nella strada, velata e con un sudario di lino sulle spalle. La bimba, tenendosi stretta vicino a lei, manteneva nascosto sotto il grembiulino il vaso chiuso di vino aromatico.

Questa volta Serafia attraversò d'impeto la folla venendo finalmente dinanzi a Gesù. Invano i soldati avevano cercato di trattenerla. Alla presenza del Figlio di Dio ella cadde in ginocchio: fuori di sé dalla compassione, dispiegò per uno dei lati il sudario e gli disse: «Oh, fammi degna di tergere il volto del mio Signore!». Gesù prese il velo con la mano sinistra e lo compresse sul suo volto insanguinato, indi muovendo la sinistra col sudario verso la destra che manteneva il capo della croce, strinse il lino con entrambe le mani e glielo rese.

Serafia baciò la stoffa, se la mise sotto il manto e si rialzò... Il corteo si era arrestato, i farisei e i carnefici, assai irritati, si misero a colpire Gesù, mentre Veronica rientrò in fretta a casa sua... Il lino era tre volte più lungo che largo, abitualmente lo si portava attorno al collo; un'altra stoffa simile si portava pure sulle spalle. A quel tempo, vi era l'uso di andare con i sudari dalle persone malate, o in qualche modo afflitte, e di asciugare loro il viso in segno di amorevole compassione.

Veronica appese il sudario al capezzale del suo letto e lo venerò per tutta la vita. Dopo la sua morte, questo fu passato dalle pie donne alla santa Vergine e poi alla Chiesa degli apostoli. Serafia era nata a Gerusalemme ed era cugina di Giovanni Battista. La pia donna aveva almeno cinque anni più della santa Vergine e aveva assistito al suo matrimonio con san Giuseppe...

Durante l'infame giudizio del tribunale di Caifa, Sirach si dichiarò a favore di Gesù e prese posizione con Giuseppe e Nicodemo, e come loro si separò dal sinedrio. Malgrado i suoi cinquant'anni, Serafia era ancora una bella donna. La domenica delle Palme, per onorare l'entrata trionfale del Signore a Gerusalemme, si era tolta il velo e l'aveva steso sulla strada dove egli passava. Fu questo stesso velo che ella porse a Gesù per alleviare le sue sofferenze. Il santo velo è tuttora oggetto di venerazione nella Chiesa di Cristo.

Il terzo anno dopo l'ascensione di Cristo, l'imperatore romano, molto malato, inviò un suo fiduciario a Gerusalemme per raccogliere informazioni circa la morte e la risurrezione di Gesù. Il fiduciario ritornò a Roma accompagnato da Nicodemo, Veronica e il discepolo Epatras, parente di Giovanna Cusa. Vidi santa Veronica al capezzale dell'imperatore, il cui letto era elevato su due gradini; una grande tenda appesa alla parete pendeva fino a terra. La camera da letto era quadrata; non era grande e non vidi finestre: la luce proveniva da un'ampia fessura posta in alto. I parenti dell'imperatore si erano riuniti nell'anticamera. Veronica aveva con sé, oltre al velo, un lenzuolo di Gesù. Ella spiegò il velo davanti all'imperatore, che guardò stupefatto l'impronta di sangue del santo volto del Signore. Sul lenzuolo, invece, vi era impressa l'immagine del dorso del santo corpo flagellato. Credo che fosse uno di quei grossi lini inviati da Claudia, sui quali vi era stato adagiato il santo corpo del Signore per essere lavato prima della sepoltura.

L'imperatore guarì alla sola vista di quelle immagini, senza nemmeno toccarle. Egli offrì a santa Veronica un palazzo con gli schiavi, pregandola di stabilirsi a Roma, ma lei chiese il permesso di far ritorno a Gerusalemme per morire vicino al santo sepolcro di Gesù crocifisso. Ella ritornò a Sion nel periodo della persecuzione contro i cristiani, mentre Lazzaro e le sue sorelle conoscevano la miseria dell'esilio.

Santa Veronica fu costretta a fuggire con altre donne cristiane, ma fu presa e incarcerata. Morì con il santo nome di Gesù sulle labbra. Ho visto il velo nelle mani delle pie donne, poi in quelle del discepolo Taddeo a Edessa, dove la santa reliquia operò diversi miracoli. Lo vidi ancora a Costantinopoli, e in fine fu consegnato dagli apostoli alla Chiesa. Mi sembra di aver visto il santo velo a Torino, dove si trova anche la sindone del Redentore.

Il corteo riprese il cammino. Gesù, piegato dai brutali colpi dei carnefici, curvo sotto il suo fardello, fu costretto a salire penosamente il tortuoso sentiero che conduce al Calvario...

Dalla cima del monte Calvario si domina tutta la città. Il luogo delle crocifissioni è di forma circolare, come un'ampia piazza dalla quale si snodano cinque sentieri. Cinque strade, o sentieri, si trovano dappertutto in Palestina, in particolar modo presso le fonti d'acqua usate per bagnarsi o per battezzare, come la Piscina di Bethsaida. Molte città hanno anche cinque porte. In Terrasanta quest'antica tradizione ha un significato profondo e profetico, che trova compimento nelle sacre piaghe del Signore: le cinque vie aperte alla nostra redenzione.

I farisei a cavallo raggiunsero il luogo delle croci da ponente, dove il pendio e più agevole e meno ripido, mentre i condannati venivano fatti passare dal lato opposto, più aspro e scosceso. I cento soldati romani si erano disposti intorno al promontorio delle crocifissioni per impedire eventuali disordini. Alcuni di essi vigilavano sui ladroni, che ancora non erano stati condotti sulla cima della collina. I due condannati giacevano al suolo, sul dorso, con le braccia legate agli assi trasversali delle loro croci.

La plebaglia — schiavi, gentili e pagani — non temeva l'impurità e perciò aveva preso posto attorno al luogo delle croci; i fanciulli furono fatti allontanare. Le montagne vicine e la parte occidentale del monte Gihon traboccavano di pellegrini per la Pasqua. Erano le dodici meno un quarto quando Gesù, giunto sulla cima del Calvario...

Che spettacolo pietoso vedere il Signore Gesù in piedi vicino alla sua croce, pallido come un morto e completamente sfigurato! I miserabili lo gettarono di nuovo a terra ed esclamarono: «Vieni, gran re, prendiamo le misure per il tuo trono!».

Vidi Gesù stendersi da solo sulla croce per permettere agli aguzzini di prendere le misure per la chiodatura delle sue mani e dei suoi piedi; contemporaneamente i farisei si facevano beffe di lui. Quando ebbero finito, lo fecero rialzare e lo condussero più in là, vicino a una specie di caverna scavata nella roccia, nella quale ve lo spinsero brutalmente... I carnefici chiusero la porta della prigione e vi lasciarono a guardia due uomini.

Nel punto più alto del Golgota furono iniziati i preparativi del supplizio. Il luogo delle crocifissioni era un'altura tondeggiante che si elevava circa due piedi dal suolo e vi si accedeva per mezzo di alcuni gradini. In questa specie di piattaforma naturale si preparò la buca per fissarvi dentro la croce di Gesù quando sarebbe stata elevata. All'estremità dei due tronchi della croce si praticarono i fori per conficcarvi i chiodi. In alto si fissò la tavoletta della sua condanna e in basso uno zoccolo per posarvi i piedi. In mezzo al tronco verticale furono praticate alcune incavature che avrebbero dato spazio alla corona di spine e avrebbero sostenuto il dorso del Signore, in modo che il suo corpo rimanesse sorretto e il peso non gravasse tutto sulle mani.

Gli sgherri strapparono a nostro Signore il mantello, la cintura di ferro e la cintura, quindi gli tolsero la veste di lana bianca facendola passare sopra la sua testa. Non riuscendo a sfilargli la tunica, impedita dalla corona di spine, gli strapparono quest'ultima con violenza, riaprendogli tutte le ferite del capo. Il Signore rimase con un panno attorno alle reni e lo scapolare di lana che gli proteggeva le spalle; il medesimo si era appiccicato alle piaghe del corpo ed egli patì dolori strazianti quando glielo strapparono. La profonda ferita scavata sulla spalla dall'enorme peso della croce gli provocava una sofferenza indicibile; il dorso e le spalle erano lacerati fino all'osso, il corpo nudo era orribilmente sfigurato, gonfio e piagato...

Gesù, vera immagine di dolore, fu disteso dai carnefici sul letto della sua morte. Dopo avergli sollevato il braccio destro, questi poggiarono la sua mano sul foro praticato nel braccio della croce e ve la legarono strettamente. Poi uno dei due crocifissori pose il ginocchio sul sacratissimo petto del Signore, mentre gli manteneva aperta la mano che si contraeva, e subito l'altro gli conficcò nel palmo di quella stessa mano un chiodo spesso e lungo, dalla punta acuminata. Quindi gli diede sopra dei pesanti colpi di martello. Il Salvatore emise un gemito di dolore e il suo sangue sprizzò sulle braccia dei carnefici. Contai i colpi di martello, ma ne ho dimenticato il numero.

I mazzuoli dei carnefici erano di ferro, avevano pressappoco la forma dei martelli da falegname, però erano più grandi e formavano un pezzo unico col manico. I chiodi, la cui dimensione aveva fatto fremere Gesù, erano talmente lunghi che quando furono conficcati nelle mani e nei piedi del Redentore uscivano dietro la croce. Dopo aver inchiodato la mano destra di Gesù al legno della croce, i carnefici si accorsero che l'altra mano non arrivava al foro praticato nell'asse sinistro della croce. Allora legarono una fune al braccio sinistro di Gesù e, puntando i piedi contro la croce, lo tirarono con tutte le loro forze, finché la sua mano raggiunse il foro. Gesù soffriva indicibilmente perché gli avevano slogato interamente il braccio. I crocifissori s'inginocchiarono sopra le braccia e sul petto del Signore e conficcarono il chiodo nella sua mano sinistra, che subito sprizzò un gettito di sangue. I gemiti di dolore del Salvatore si udivano attraverso il rumore dei pesanti colpi di mazzuolo...

I carnefici distesero le gambe del Signore, che si erano ritratte verso il corpo a causa della violenta tensione delle braccia, e le legarono con le corde. Non riuscendo però a far arrivare i piedi al supporto di legno destinato a sostenerlo, essi rinnovarono gli insulti contro di lui. Intervennero alcuni crocifissori propensi a fare nuovi fori per i chiodi conficcati nelle mani perché sembrava difficile spostare lo zoccolo di legno che avrebbe dovuto sostenere i piedi.. legarono con le funi la gamba destra e la tirarono con violenza crudele finché non raggiunse lo zoccolo di legno, provocando a Gesù un'orribile stiramento...

Gli avevano legato il petto e le braccia perché le mani non si staccassero dai chiodi. Poi legarono il piede sinistro sopra il destro, presero un chiodo ben più lungo di quello delle mani e glielo infissero, conficcandolo fin nel legno della croce. Io guardai quel chiodo trapassare i due piedi del Signore e il supporto di legno. La chiodatura dei piedi fu più crudele di ogni altra, a causa della tensione di tutto il corpo. Gesù è crocifisso.

Era circa mezzogiorno e un quarto quando la croce fu innalzata con Gesù crocifisso... Quando la croce fu innalzata, e fu lasciata cadere di peso nella buca, tremò tutta per il contraccolpo. Gesù levò un profondo gemito di dolore, le sue ferite si allargarono, il sangue ne sgorgò più copioso e le sue ossa slogate si urtarono. La testa, cinta dalla corona di spine, sanguinò violentemente... I carnefici appoggiarono le scale alla croce e slegarono le funi che avevano trattenuto il santo corpo di Gesù durante la chiodatura; in tal modo il sangue riprese a circolare improvvisamente affluendo alle sue piaghe. Ciò causò al Signore altri indicibili dolori...

Contemplai con tenera compassione il mio Signore con l'orribile corona di spine, il sangue che gli riempiva gli occhi, la bocca semiaperta, la chioma e la barba insanguinata, il capo abbattuto sul petto. Dopo lo svenimento, a causa del peso della corona di spine, egli rialzò la testa con fatica. Il suo petto si era rialzato, scavando al di sotto una depressione profonda, l'addome era cavo e rientrato; le spalle, i gomiti, i polsi, le cosce e le gambe tutte slogate. Le sue membra erano tese e i muscoli dilaniati, al punto tale che era possibile contarne le ossa. Il suo santo corpo era ricoperto di macchie orribili, nere, blu e giallastre. Il sangue gli colava dalle mani lungo le braccia e scorreva dal foro prodotto nei suoi sacratissimi piedi, irrorando la parte inferiore dell'albero della croce. Il sangue, dapprima rosso vivo, divenne alla fine pallido e acquoso. Eppure, anche così sfigurato, il santo corpo del Signore, simile a un cadavere dissanguato...

A mezzogiorno, nubi fitte e rossastre coprirono il cielo; a mezzogiorno e mezzo, che corrisponde alla cosiddetta ora sesta dei Giudei, vi fu l'oscuramento miracoloso del sole. Un poco alla volta, il cielo intero s'incupì e si tinse di rosso. Uomini e bestie furono afferrati dalla paura... Gli stessi farisei guardavano con timore il cielo: essi erano talmente spaventati da quelle tenebre rossastre che cessarono perfino d'ingiuriare Gesù...

Quando tornò la luce del giorno, si vide il santo corpo del Signore appeso alla croce, esangue, livido e più bianco di prima a causa del sangue versato. Il centurione.. strappò dalle mani del soldato la spugna, la svuotò e l'impregnò d'aceto puro. Poi l'adattò a una canna d'issopo e la pose in cima alla sua lancia, che portò fino alla bocca del Signore. L'ultima ora del Signore era ormai prossima. Egli lotta va contro la morte come un uomo comune; un sudore freddo gli copriva tutto il corpo e il petto ansimava sempre più forte. Giovanni, sotto la croce, gli asciugava i piedi con un sudario. Maria Maddalena, distrutta dal dolore, era appoggiata dietro la croce. La Vergine si manteneva in piedi fra la croce di Gesù e quella del buon ladrone, sostenuta da Salomè e da Maria di Cleofa. Giunto all'estremo, Gesù disse: «Tutto è compiuto!».

Sollevò il capo e gettò un grido forte e soave che penetrò il cielo e la terra: «Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito! Quando il Signore chinò il capo e rese lo spirito, erano passate da poco le ore quindici. Vidi la sua anima discendere nel limbo come una figura luminosa. Giovanni e le pie donne caddero con la fronte nella polvere.

Tutto si era ormai compiuto, l'anima del Signore aveva abbandonato il santo corpo. L'ultimo grido del Santo dei santi aveva fatto tremare la terra e quelli che lo avevano udito; la roccia del Calvario si spaccò e numerose case crollarono. Le poche persone ancora presenti sul Golgota si percossero il petto e si affrettarono a rincasare. Le vidi profondamente commosse, mentre si laceravano le vesti e si cospargevano il capo di polvere. Giovanni e le pie donne si rialzarono e prestarono amorevoli cure alla Vergine.

Abenadar, dopo aver presentato l'aceto al Salvatore, rimasto stranamente impressionato: fermo sul suo cavallo, egli non poteva più distogliere gli occhi dal santo volto di Gesù coronato di spine. Perfino il cavallo abbassò il capo e il centurione gli allentò le redini. In quel momento la luce della grazia lo illuminò ed e, si sentì trasformato. Il cuore orgoglioso del fiero centurione si era infranto come la roccia del Calvario. Egli gettò lontano la lancia, si batté il petto con forza ed emise il grido dell'uomo nuovo: «Benedetto sia il Signore onnipotente, il Dio d'Abramo, d'Isacco e di Giacobbe! Questi era certamente un giusto, ed è veramente il Figlio di Dio!»...

Con un'estrema convulsione, il corpo di Cristo divenne esangue e impallidì in modo straordinario, mentre le sue ferite, dalle quali era fuoruscito il sangue in abbondanza, risaltavano come macchie scure... Nell'affidarsi completamente alla morte, Gesù aveva sollevato la sua testa coronata di spine lasciandola ricadere sotto il peso dei dolori; le sue labbra, divenute livide e contratte, si erano socchiuse senza più alcuna tensione, così le sue mani sostenute dai chiodi si distesero, come anche le braccia. Il suo dorso si irrigidì lungo la croce e tutto il peso del corpo poggiò sui piedi, le ginocchia si piegarono tutte da un lato ed i suoi piedi trafitti si girarono un poco intorno al chiodo.

cimitero quasi sempre è inferno, ma qualche volta è purgatorio

cimitero quasi sempre è inferno, ma qualche volta è purgatorio


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 Riflessioni

Le rivelazioni sulla Sindone, consegnate da Gesù a Maria Valtorta

29 Aprile 2015Michelangelo Nasca

sindoneMaria Valtorta, nata il 14 marzo 1897 a Caserta, è una mistica cattolica italiana. Seppur non ancora riconosciuta dalla Chiesa, l’esperienza mistica della Valtorta la porterà a scrivere, come sotto dettatura e per espresso desiderio di Gesù, numerosissimi resoconti sulla vita di Gesù. L’opera principale è stata pubblicata in dieci volumi sotto il titolo: “L’Evangelo come mi è stato rivelato”. In questi scritti si narra la nascita e l’infanzia della Vergine Maria e di Gesù, i tre anni della vita pubblica di Gesù (che costituiscono il grosso dell’opera), la sua passione, morte, resurrezione e ascensione, i primordi della Chiesa e l’assunzione di Maria. Maria Valtorta morirà a Viareggio, il 12 ottobre 1961. A quanto pare, Papa Pio XII a chi gli chiedeva se tale opera poteva essere pubblicata il Papa rispose: «Pubblicate quest’opera così come sta; chi legge capirà». E aggiunse: «Si sente parlare di tante visioni e rivelazioni. Io non dico che tutte siano vere; ma qualcuna vera ci può essere». Padre Berti chiese al Papa se si dovessero togliere le diciture: “visione” e “dettato”. Ed egli rispose di non togliere nulla.


A proposito della Sindone, Maria Valtorta scrive la seguente rivelazione dettatale da Gesù:


«Tu l’hai vista la corona di lividi che stava intorno ai miei reni. I vostri scienziati, per dare una prova alla vostra incredulità rispetto a quella prova del mio patire che è la Sindone, spiegano come il sangue, il sudore cadaverico e l’urea di un corpo sopraffaticato abbiano potuto, mescolandosi agli aromi, produrre quella naturale pittura del mio Corpo estinto e torturato. Meglio sarebbe credere senza aver bisogno di tante prove per credere. Meglio sarebbe dire: “Ciò è opera di Dio” e benedire Iddio che vi ha concesso di avere la prova irrefragabile della mia Crocifissione e delle precedenti torture! Ma poiché, ora, non sapete più credere con la semplicità dei bambini, ma avete bisogno di prove scientifiche — povera fede, la vostra, che senza il puntello e il pungolo della scienza non sa star ritta e camminare — sappiate che le contusioni feroci delle mie reni sono state l’agente chimico più potente nel miracolo della Sindone. Le mie reni, quasi frante dai flagelli, non hanno più potuto lavorare. Come quelle degli arsi in una vampa, sono state incapaci di filtrare, e l’urea si è accumulata e sparsa nel mio sangue, nel mio corpo, dando le sofferenze della intossicazione uremica e il reagente che trasudando dal mio Cadavere fissò l’impronta sulla tela. Ma chi è medico fra voi, o chi fra voi è malato di uremìa, può capire quali sofferenze dovettero darmi le tossine uremiche, tanto abbondanti da esser capaci di produrre un’impronta indelebile» (da L’Evangelo come mi è stato rivelato, cap. 613.7).

http://www.virgolettato.altervista.org/2015/04/29/le-rivelazioni-sulla-sindone-consegnate-da-gesu-a-maria-valtorta/


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Il Purgatorio

Pagina principale I nostri morti, la casa di tutti (Don Giuseppe Tomaselli) La casa di tutti - Il cadavere

 

La casa di tutti - Il cadavere

di Don Giuseppe Tomaselli




La carne umana

Il corpo umano come è idolatrato! Pare che non ci sia altro sulla terra da pensare se non il corpo! Procurare alla carne umana ogni piacere, lecito o illecito: cibi squisiti, bevande inebrianti, danze, passeggi, libertà di sguardo e di tratto! E poi saloni, profumerie, case di bellezza e di manicure... tutto ha per scopo l'idolatria del corpo!


Vorrei in questo momento, qui con me, dentro il deposito, tutti i cultori esagerati del corpo umano per farli. rinsavire!


Il deposito, piuttosto ampio, ha la forma di una Croce Latina; sulla parete centrale è posto un Crocifisso, alla cui base arde una piccola lampada. Qua e là scorgo delle casse funebri, collocate con un certo ordine.


Ferve il lavoro di saldatura. Alcune bare sono scoperte e poste su dei panconi. Gli stagnini pare che abbiano premura di sbrigarsi e sollecitano i garzoni al lavoro. La semioscurità del luogo, il puzzo degli acidi per la saldatura, i cadaveri scoperti... tutto mi pare suggestivo.


Verso il centro del deposito vedo una bara, prossima ad essere saldata; sono presenti due della famiglia. Viene rimosso il lenzuolo dalla faccia del cadavere ed ecco apparire il volto di una vecchietta: occhi infossati, bocca semiaperta, colore cereo. La faccia è ricoperta di un abbondante sudore cadaverico.


Povera vecchietta! Chi sa quanto avrai sofferto su questa terra!... Quanto avrà palpitato il tuo cuore! Quanta eredità di affetti avrai lasciato in seno ai tuoi!... Ora « riposa in pace! ».


Lo stagnino ricopre il cadavere, fa con sveltezza la saldatura e dice a due necrofori: Via!


Quasi fosse una cassa d'imballaggio, viene trasportata con la massima indifferenza al luogo della sepoltura.


Un altro stagnino, quasi contemporaneamente, ha saldato la bara di un bambino di quattro anni. Un necroforo mette sulla spalla la piccola cassa e si avvia alla sepoltura... mentre continua a consumare la sua sigaretta. Seguo con lo sguardo il necroforo, sino alla svolta del viale, impressionato dal suo cinismo, e guardando la sigaretta accesa, penso: Cosi il corpo umano: fumo che passa... cenere che resta!


Mentre continua il lavoro, voglio osservare attentamente l'interno del deposito. Le casse giunte nella mattinata sono tutte vicine; le conto... sono nove.


Chiedo ad un operaio: In media, giornalmente, quanti morti si hanno in città? - Non li ho mai contati; ma credo che il numero va da venti a trenta. In certi mesi però il numero diviene doppio e triplo, a motivo di qualche epidemia; ciò avviene nel cuore dell'inverno e nei forti calori estivi. Sono tanti anni che lavoro in questo deposito e ne ho visto entrare delle bare! -


In un angolo del deposito vedo tante casse; sotto qualcuna scorgo un liquido rossastro quasi vischioso... Sono queste le bare giunte ieri e si devono assolutamente seppellire oggi.


Esco dal deposito con il proponimento di assistere alla sepoltura di qualche bara.


Ad una cinquantina di passi, sul viale centrale, passano due becchini, che portano una cassa. Scopro il capo per rispetto ed intanto guardo con occhio di commiserazione due giovani... forse novelli sposi... venuti in città per il viaggio di nozze. Costoro sono a pochi passi da me e non si accorgono del passaggio della bara; stanno a braccetto, di tanto in tanto fanno una risatina, osservano qualche tomba e poi guardano a distanza con il binocolo. La vista di questa coppia mi fa quasi dispetto, perchè in contrasto con il luogo sacro e con i miei sentimenti... Nel Cimitero si viene per pregare e per meditare e non già per curiosità! E tu, donna, osi venire qui... ove tutto è austero ed arcano... osi venire in abito di moda, imbellettata e cosparsa di profumi?!


Mi avvio intanto verso un gruppetto di uomini, che parlano sommessamente, e mi accorgo che ai loro piedi c'è una bara; si prepara la sepoltura.


La fossa è pronta, alta circa un metro e mezzo; il Sacerdote l'ha benedetta nella mattinata. Prima che la cassa sia sepolta, si fa la ricognizione del cadavere, alla presenza di qualcuno dei parenti. Sono qui presenti parecchi congiunti del defunto, tutti uomini. Mi permetto di rivolger loro la parola: Io sono Sacerdote, sono stato tante volte vicino a dei cadaveri e so l'impressione triste che lascia l'ultimo sguardo dato al defunto prima della sepoltura. Se ci sono qui parenti intimi del morto, si allontanino; faccia la ricognizione qualche amico soltanto! -


Non si accetta il mio consiglio; tutti vogliono vedere il cadavere. Appena tolto il coperchio, nessuno dice sillaba; tutti gli occhi sul cadavere. Il defunto è un uomo sulla sessantina; il suo volto è esageratamente gonfio e quindi alterato.


Gli uomini, che per qualche istante sono rimasti muti e fissi sul cadavere, subito dopo ne ritorcono lo sguardo e si allontanano lentamente dal feretro, dicendo: ...Avrei fatto meglio e non guardarlo!... Come ci si trasforma a due giorni dalla morte!


Fatta la ricognizione, gl'interessati meditabondi se ne partono; io invece resto a guardare. I fossori servendosi di corde, depongono la bara nella fossa e cominciano a ricoprirla di terra.


Vedo intanto ciò che mai ho visto: uno dei fossori scaraventa con furia la zappa sulla bara, alla direzione del capo, e frantuma il coperchio.


- Scusate, brav'uomo, se chiedo spiegazione! Questo colpo di zappa sulla cassa potrebbe sembrare uno sfregio al defunto! -


- Non è cosi! Noi operai, facendo questo, eseguiamo un ordine ricevuto. Le bare poste nel campo comune, non avendo il sito in perpetuo, dopo circa otto anni devono essere rimosse ed i cadaveri si mettono nell'ossario. E' necessario affrettare la dissoluzione del corpo umano; il colpo di zappa sulla cassa fa raggiungere meglio lo scopo, in quanto la frattura del legno permette all'aria di penetrare e di compiere in fretta l'opera di dissoluzione. -


... Povero corpo umano ... tanto accarezzato in vita... tanto umiliato in morte! Ricoperta la fossa, su di essa viene collocata una Croce.


La Croce di Cristo, segno di vittoria sulla morte, come è eloquente sul sepolcro!

Una esumazione

L'orario è propizio per assistere a delle scene emozionanti, poichè oltre che alle sepolture, hanno luogo le esumazioni.


I cadaveri vengono esumati per essere collocati nei loculi di proprietà o nell'ossario comune.


Scorgo in fondo al campo comune, in una piccola cinta, una decina di persone, tra uomini e donne; mi avvicino e dall'assieme mi convinco che sono in aspettativa di qualche cosa.


- Scusino la mia indiscrezione! Sono loro venuti a visitare qualche tomba? - Reverende, non si tratta di semplice visita! Si deve esumare un cadavere ed aspettiamo i becchini!


- Da molti anni ha avuto luogo la sepoltura?


- No, da sei mesi. La cassa è stata posta qui, affinchè il corpo possa asciugarsi un poco. Appartenendo noi ad una Confraternita, abbiamo diritto ad alcuni loculi.


- Ma verrà esumato il cadavere, oppure si trasporterà soltanto la cassa al posto definitivo?


- La cassa solamente! Tuttavia qui ci siamo dei congiunti e, desiderando vedere il cadavere, faremo scoperchiare qualche istante la bara.


- Ascoltino il mio consiglio! Rinunzino a guardare il cadavere, specialmente le donne!... Ma loro sanno cosa sia un corpo dopo sei mesi di sepoltura? -


Una levata di scudi generale! - Voglio vedere Lucia!... L'ultimo sguardo a mia sorella!... L'ultimo bacio alla mamma mia!...


Non insisto; però m'intrattengo a chiacchierare sino alla venuta dei beccamorti. Mi presentano intanto la fotografia. La signora Lucia ha lineamenti delicati; all'aspetto pare una vera matrona.


- Avesse lei visto che bella signora era la morta! Peccato morire a trentacinque anni e lasciare quattro orfanelli!


I becchini sono giunti; con pochi colpi di martello abbattono la leggera parete di mattonelle e calce ed estraggono dalla propagine la cassa.


Il legno è umido e leggermente tarlato nella parete laterale. Dietro insistenza dei presenti, viene tolto il coperchio alla bara.


Ecco apparire un lenzuolo, dagli orli ricamati; un leggero strato di muffa lo ricopre, mentre qua e là si vedono grosse chiazze di sangue oscuro.


Sollevata la parte anteriore del lenzuolo, è un grido di spavento e di dolore; un uomo esclama: Basta! Chiudiamo e via!


Che disillusione! Il capo della defunta è già teschio; ciocche di capelli biondi si scorgono vicino; la faccia non si può mirare, poichè appare solo una grossa macchia nera; il petto è ricoperto da una poltiglia, mista a rosso e nero...


La figlia quindicenne ed un'altra donna stanno per svenire.


- Reverendo, avremmo fatto meglio ad ascoltare il suo suggerimento! - esclama un uomo, mentre asciuga le lagrime.


Restare indifferenti davanti a certe scene, non è possibile; il cuore umano ha delle fibre assai delicate, per cui si commuove e sente il bisogno di piangere. Anch'io mi mommuovo davanti al dolore di questa gente e verso qualche lacrima.

Sorpresa

Lo strato di zinco forato, posto fra il fondo della bara ed il cadavere, ha per scopo di lasciare nell'asciutto lo scheletro, staccandolo dagli umori della poltiglia della carne umana in dissoluzione. Questa delicatezza dei superstiti non rallenta e, peggio ancora, non impedisce la corruzione del cadavere. Inesorabilmente, chi va nella tomba, presto o tardi deve ridursi in polvere, tenendo conto che il corpo più è pingue, più in fretta ne avviene la corruzione. Possono capitare dei fatti curiosi a questo riguardo e sono più frequenti di quanto si possa pensare. Qua e là nel grande Cimitero si lavora; è quasi mezzogiorno. Continuo il mio giro di osservazione, notando quanto c'è di rilevante.


Verso la cinta di ponente, e precisamente sotto i cipressi, vedo una piccola squadra di vesti nere; sono chierici. Conosco il loro superiore e chiedo: E' avvenuto di recente qualche lutto in comunità? - No; si tratta di esumare il cadavere di un chierico, morto tisico dieci anni or sono. Le sue ossa verranno messe in questa cassetta di zinco e collocate nella cappella della nostra Famiglia Religiosa.


- E questi chierici impressionati?


- Sarà; li ho condotti qui, affinchè facciano un po' di meditazione; sono giovani, ancora sotto l'influsso delle attrattive del mondo e, considerando la morte, potranno rafforzare la loro volontà nella vocazione religiosa.


I fossori dànno di piglio prima alla zappa e poi alla pala ed in meno di un quarto d'ora di lavoro ecco apparire la cassa; viene portata su; un operaio le toglie il coperchio e si vede ciò che nessuno si aspetta: il ventenne chierico, da dieci anni seppellito, pare intatto, come se fosse morto qualche giorno prima: la berretta in testa, il volto atteggiato a serenità, una corona del Rosario tra le mani giunte, le membra dolcemente distese.


- Possibile, esclama il superiore dei chierici, che dopo tanto tempo il cadavere sia intatto?... Ed ora come fare a mettere il corpo in questa cassetta di zinco? Bisognerà rompere le membra!


- Non si dia pensiero, dice un fossore, perchè il rimedio è pronto! -


Così dicendo, prende tra le braccia la cassa, la muove un poco a modo di staccio... e tutto il corpo del chierico si riduce ad un mucchietto di cenere.


Tutti i presenti restammo meravigliati. - Dunque, quel che vedevamo, non era; il corpo, ma soltanto un sottilissimo strato esterno!


Senza frapporre tempo in mezzo i due fossori riversano quel poco di cenere nella cassetta di zinco e, con cinismo impareggiabile, parlano dei loro affari. Intanto io penso alle parole che disse il Creatore al primo uomo peccatore: Ricordati, o uomo, che sei polvere e in polvere ritornerai!


Sì, tutti sulla terra siamo polvere, o meglio, cenere e fango. Insuperbirsi è da sciocchi.

Fonte: www.preghiereagesuemaria.it


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https://purgatorio.altervista.org/index.php/archivio/articolo/i-nostri-morti-la-casa-di-tutti/35/la-casa-di-tutti-don-giuseppe-tomaselli-il-cadavere

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Soldato dell'IDF ferito in un attacco palestinese che sperona un'auto‎

 l'ISLAM dogmatico senza laicità, come è impostato in sharia in tutta la LEGA ARABA.
è già come Religione sharjah una circonvenzione di incapace,
 un progetto MONARCH di ipnosi mentale!

non è pericolosa la teocrazia in se, ma se dai il potere politico ai religiosi, 
poi tu hai fondato un regime di polizia psichiatrica e di induzione al genocidio o al suicidio intellettuale!
 
Soldato dell'IDF ferito in un attacco palestinese con auto speronate
11 gennaio 2022


Un soldato israeliano sul luogo di un attacco di speronamento di auto vicino a Mevo Dothan, 16 marzo 2018.  

Autista palestinese arrestato dopo aver cercato di fuggire dalla scena.

Di David Hellerman, World Israel News

Un soldato dell'IDF è stato ferito in un sospetto attacco di speronamento di auto all'incrocio di Halamish in Samaria martedì sera.

Il conducente palestinese dell'auto è stato arrestato dalle forze di sicurezza israeliane dopo aver inizialmente cercato di fuggire.


Il soldato di 19 anni ha ricevuto il primo soccorso dai medici di Magen David Adom e trasportato in aereo in un ospedale per le cure.

I primi rapporti ebraici dicono che il soldato, che fa parte della Brigata di fanteria Givati, è stato moderatamente ferito.

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https://www.amnesty.it/appelli/annullare-le-accuse-contro-julian-assange/
dopo il caso di Julian Assange gli USA non possono più dire di essere una demonio-crazia

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IDF Soldier Injured in Car-ramming Attack;
Church Condemns Swastika-draped Casket at Funeral;
Israel Free to Act Independently on Iran; Latest Israel News!








Millions of Israelis will Catch Omicron,
Says Israeli Prime Minister
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Two


Million Dollars, and Hezbollah Leader Nasrallah’s Cloak is Yours
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WATCH: Israel Free to Act Independently on Iran
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Did Abbas Cancel Ultimatum Demanding Israeli Withdrawal from Judea and Samaria?
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Roman Catholic Church Condemns Swastika-draped Casket at Funeral
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IDF Soldier Injured in Palestinian Car-ramming Attack
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WATCH:
Iran-backed Houthis Seize UAE Ship in Red Sea
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Bennett
Faces Coalition Criticism After Arab Parties Protest JNF Trees in Negev
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Florida Hires its First Orthodox Jewish Police OfficerRead Now







Turning a Blind Eye to Palestinian Violence – AnalysisRead Now



Annullare le accuse contro Julian Assange

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Cancillería del Ecuador
La storia
Il caso

Aggiornamento del 10/12/2021 – L’Alta Corte di Londra ha ribaltato la sentenza di primo grado che negava l’estradizione di Julian Assange dalla Gran Bretagna agli Usa. Il caso verrà quindi rinviato al tribunale di grado inferiore per essere nuovamente dibattuto. A ricorrere all’Alta Corte era stato il team legale americano che si opponeva al divieto di estradizione sulla base di un possibile pericolo di suicidio legato al trattamento giudiziario e carcerario negli Usa. I giudici britannici hanno accolto le rassicurazioni sul trattamento in carcere di Assange, una volta che fosse estradato negli Usa, fatte dalle autorità americane per evitare un temuto suicidio.



I tribunali di Londra tengono ancora in esame la richiesta di estradizione da parte degli Usa, anche se si basa su accuse che derivano direttamente dalla diffusione di documenti riservati nell’ambito del lavoro giornalistico di Assange con Wikileaks. Rendere pubbliche informazioni del genere è una pietra angolare della libertà di stampa e del diritto dell’opinione pubblica ad avere accesso a informazioni di interesse pubblico. Tutto questo dovrebbe essere oggetto di protezione e non di criminalizzazione.

Se estradato negli Usa, Assange potrebbe affrontare 18 capi d’accusa: 17 ai sensi della Legge sullo spionaggio e uno ai sensi della Legge sulle frodi e gli abusi informatici. Rischierebbe ischiato gravi violazioni dei diritti umani tra cui condizioni detentive, come l’isolamento prolungato, che potrebbero equivalere a maltrattamento o tortura. Assange è stato il primo soggetto editoriale a essere incriminato ai sensi della Legge sullo spionaggio.

Gli Stati Uniti d’America devono annullare tutte le accuse contro Julian Assange, incluse quelle di spionaggio relative alle attività di pubblicazione di documenti nell’ambito del suo lavoro con Wikileaks.


Gli incessanti tentativi del governo Usa di processare Julian Assange per aver reso pubblici documenti riguardanti anche possibili crimini di guerra commessi dalle forze armate statunitensi non sono altro che un assalto su larga scala al diritto alla libertà d’espressione.

Julian Assange è attualmente detenuto nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh, nel Regno Unito, sulla base della richiesta di estradizione degli Usa per accuse che derivano direttamente dalla pubblicazione di documenti segreti nell’ambito del suo lavoro con Wikileaks.

Ci opponiamo fermamente all’eventualità che Julian Assange sia estradato o trasferito in ogni altro modo negli Usa, dove rischia di subire gravi violazioni dei diritti umani, tra cui condizioni di detenzione che potrebbero equivalere a tortura e altri maltrattamenti, come un prolungato isolamento. Il fatto che sia stato obiettivo di una campagna ostile promossa da funzionari Usa fino ai più alti livelli compromette il suo diritto alla presunzione di innocenza e lo espone al rischio di un processo iniquo.

La pubblicazione di documenti da parte di Julian Assange nell’ambito del suo lavoro con Wikileaks non dovrebbe essere punita perché tale attività riguarda condotte che il giornalismo investigativo svolge regolarmente nell’ambito professionale. Processare Julian Assange per questi reati potrebbe avere un effetto dissuasivo sul diritto alla libertà di espressione, spingendo i giornalisti all’autocensura per evitare procedimenti giudiziari.

Proteggi il diritto alla libertà di espressione. Chiedi alle autorità statunitensi di annullare le accuse contro Julian Assange derivanti solo dalle sue attività di pubblicazione di documenti con Wikileaks. Firma il nostro appello al Procuratore Generale degli Stati Uniti Merrick Garland.


Julian Assange è un giornalista, programmatore e attivista australiano, noto principalmente per la sua collaborazione al sito WikiLeaks, del quale è stato cofondatore e caporedattore.

Divenuto noto a livello internazionale per aver rivelato documenti secretati statunitensi riguardanti crimini di guerra ricevuti dalla ex militare transgender Chelsea Manning.

Assange è attualmente detenuto nel Regno Unito presso la Her Majesty Prison Belmarsh.

A partire dal 2006 è tra i promotori del sito web WikiLeaks, che nel corso degli anni ha pubblicato documenti da fonti anonime e informazioni segrete.

WikiLeaks giunge all’attenzione internazionale nel 2010 quando fece trapelare una serie di notizie fornite da Chelsea Manning su possibili crimini di guerra perpetrati. Il 28 novembre 2010 WikiLeaks rende di pubblico dominio oltre 251.000 documenti diplomatici statunitensi, molti dei quali etichettati come “confidenziali” o “segreti”.

L’11 aprile 2019 Assange è stato preso in consegna dalla polizia britannica dopo che l’Ecuador ha revocato l’asilo.

Durante il suo arresto è stato sollevato e portato via di peso da sette agenti in borghese della polizia di Londra.

È stato arrestato in base a un mandato del 2012, quando invece di consegnarsi a Scotland Yard per essere estradato in Svezia ed essere interrogato in merito alle accuse di stupro, si è rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra e ha chiesto asilo: era il 19 giugno 2012, l’Ecuador allora guidato dal presidente Rafael Correa gli concesse protezione perché ritenne fondate le preoccupazioni del fondatore di WikiLeaks che l’estradizione in Svezia lo esponesse al rischio gravissimo di estradizione negli Stati Uniti, dove dal 2010 è in corso un’inchiesta del Grand Jury di Alexandria, in Virginia, per la pubblicazione dei documenti segreti del governo americano.

Ad oggi questa inchiesta è ancora in corso e a novembre scorso le autorità americane hanno, inavvertitamente, rivelato che esiste un mandato di arresto coperto da segreto contro Julian Assange.
La storia
Il caso



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dall'art. 18 del Regolamento, di revocare il consenso prestato ex art. 7 del Regolamento in qualsiasi momento; di ottenere in un formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico i dati che lo riguardano, nei casi previsti dall'art. 20 del Regolamento; nonché di proporre reclamo all'autorità di controllo competente (Garante per la Protezione dei Dati Personali) ai sensi dell'art. 77 del Regolamento, qualora ritenga che il trattamento dei suoi dati sia contrario alla normativa in vigore. L'interessato ha la possibilità di formulare una richiesta di opposizione al trattamento dei suoi dati ex articolo 21 del Regolamento nella quale dare evidenza delle ragioni che giustifichino l'opposizione: il Titolare si riserva di valutare tale istanza, che non verrebbe accettata in caso di esistenza di motivi legittimi cogenti per procedere al trattamento che prevalgano sugli interessi, diritti e libertà dell'interessato.
Per esercitare i diritti di cui sopra, le richieste vanno rivolte all'indirizzo fisico del Titolare o per email all'indirizzo privacy@amnesty.it
Il Responsabile della Protezione dei Dati (“DPO”) è raggiungibile all'indirizzo: dpo@amnesty.it.

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