cimitero quasi sempre è inferno, ma qualche volta è purgatorio
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Riflessioni
Le rivelazioni sulla Sindone, consegnate da Gesù a Maria Valtorta
29 Aprile 2015Michelangelo Nasca
sindoneMaria Valtorta, nata il 14 marzo 1897 a Caserta, è una mistica cattolica italiana. Seppur non ancora riconosciuta dalla Chiesa, l’esperienza mistica della Valtorta la porterà a scrivere, come sotto dettatura e per espresso desiderio di Gesù, numerosissimi resoconti sulla vita di Gesù. L’opera principale è stata pubblicata in dieci volumi sotto il titolo: “L’Evangelo come mi è stato rivelato”. In questi scritti si narra la nascita e l’infanzia della Vergine Maria e di Gesù, i tre anni della vita pubblica di Gesù (che costituiscono il grosso dell’opera), la sua passione, morte, resurrezione e ascensione, i primordi della Chiesa e l’assunzione di Maria. Maria Valtorta morirà a Viareggio, il 12 ottobre 1961. A quanto pare, Papa Pio XII a chi gli chiedeva se tale opera poteva essere pubblicata il Papa rispose: «Pubblicate quest’opera così come sta; chi legge capirà». E aggiunse: «Si sente parlare di tante visioni e rivelazioni. Io non dico che tutte siano vere; ma qualcuna vera ci può essere». Padre Berti chiese al Papa se si dovessero togliere le diciture: “visione” e “dettato”. Ed egli rispose di non togliere nulla.
A proposito della Sindone, Maria Valtorta scrive la seguente rivelazione dettatale da Gesù:
«Tu l’hai vista la corona di lividi che stava intorno ai miei reni. I vostri scienziati, per dare una prova alla vostra incredulità rispetto a quella prova del mio patire che è la Sindone, spiegano come il sangue, il sudore cadaverico e l’urea di un corpo sopraffaticato abbiano potuto, mescolandosi agli aromi, produrre quella naturale pittura del mio Corpo estinto e torturato. Meglio sarebbe credere senza aver bisogno di tante prove per credere. Meglio sarebbe dire: “Ciò è opera di Dio” e benedire Iddio che vi ha concesso di avere la prova irrefragabile della mia Crocifissione e delle precedenti torture! Ma poiché, ora, non sapete più credere con la semplicità dei bambini, ma avete bisogno di prove scientifiche — povera fede, la vostra, che senza il puntello e il pungolo della scienza non sa star ritta e camminare — sappiate che le contusioni feroci delle mie reni sono state l’agente chimico più potente nel miracolo della Sindone. Le mie reni, quasi frante dai flagelli, non hanno più potuto lavorare. Come quelle degli arsi in una vampa, sono state incapaci di filtrare, e l’urea si è accumulata e sparsa nel mio sangue, nel mio corpo, dando le sofferenze della intossicazione uremica e il reagente che trasudando dal mio Cadavere fissò l’impronta sulla tela. Ma chi è medico fra voi, o chi fra voi è malato di uremìa, può capire quali sofferenze dovettero darmi le tossine uremiche, tanto abbondanti da esser capaci di produrre un’impronta indelebile» (da L’Evangelo come mi è stato rivelato, cap. 613.7).
http://www.virgolettato.altervista.org/2015/04/29/le-rivelazioni-sulla-sindone-consegnate-da-gesu-a-maria-valtorta/
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Il Purgatorio
Pagina principale I nostri morti, la casa di tutti (Don Giuseppe Tomaselli) La casa di tutti - Il cadavere
La casa di tutti - Il cadavere
di Don Giuseppe Tomaselli
La carne umana
Il corpo umano come è idolatrato! Pare che non ci sia altro sulla terra da pensare se non il corpo! Procurare alla carne umana ogni piacere, lecito o illecito: cibi squisiti, bevande inebrianti, danze, passeggi, libertà di sguardo e di tratto! E poi saloni, profumerie, case di bellezza e di manicure... tutto ha per scopo l'idolatria del corpo!
Vorrei in questo momento, qui con me, dentro il deposito, tutti i cultori esagerati del corpo umano per farli. rinsavire!
Il deposito, piuttosto ampio, ha la forma di una Croce Latina; sulla parete centrale è posto un Crocifisso, alla cui base arde una piccola lampada. Qua e là scorgo delle casse funebri, collocate con un certo ordine.
Ferve il lavoro di saldatura. Alcune bare sono scoperte e poste su dei panconi. Gli stagnini pare che abbiano premura di sbrigarsi e sollecitano i garzoni al lavoro. La semioscurità del luogo, il puzzo degli acidi per la saldatura, i cadaveri scoperti... tutto mi pare suggestivo.
Verso il centro del deposito vedo una bara, prossima ad essere saldata; sono presenti due della famiglia. Viene rimosso il lenzuolo dalla faccia del cadavere ed ecco apparire il volto di una vecchietta: occhi infossati, bocca semiaperta, colore cereo. La faccia è ricoperta di un abbondante sudore cadaverico.
Povera vecchietta! Chi sa quanto avrai sofferto su questa terra!... Quanto avrà palpitato il tuo cuore! Quanta eredità di affetti avrai lasciato in seno ai tuoi!... Ora « riposa in pace! ».
Lo stagnino ricopre il cadavere, fa con sveltezza la saldatura e dice a due necrofori: Via!
Quasi fosse una cassa d'imballaggio, viene trasportata con la massima indifferenza al luogo della sepoltura.
Un altro stagnino, quasi contemporaneamente, ha saldato la bara di un bambino di quattro anni. Un necroforo mette sulla spalla la piccola cassa e si avvia alla sepoltura... mentre continua a consumare la sua sigaretta. Seguo con lo sguardo il necroforo, sino alla svolta del viale, impressionato dal suo cinismo, e guardando la sigaretta accesa, penso: Cosi il corpo umano: fumo che passa... cenere che resta!
Mentre continua il lavoro, voglio osservare attentamente l'interno del deposito. Le casse giunte nella mattinata sono tutte vicine; le conto... sono nove.
Chiedo ad un operaio: In media, giornalmente, quanti morti si hanno in città? - Non li ho mai contati; ma credo che il numero va da venti a trenta. In certi mesi però il numero diviene doppio e triplo, a motivo di qualche epidemia; ciò avviene nel cuore dell'inverno e nei forti calori estivi. Sono tanti anni che lavoro in questo deposito e ne ho visto entrare delle bare! -
In un angolo del deposito vedo tante casse; sotto qualcuna scorgo un liquido rossastro quasi vischioso... Sono queste le bare giunte ieri e si devono assolutamente seppellire oggi.
Esco dal deposito con il proponimento di assistere alla sepoltura di qualche bara.
Ad una cinquantina di passi, sul viale centrale, passano due becchini, che portano una cassa. Scopro il capo per rispetto ed intanto guardo con occhio di commiserazione due giovani... forse novelli sposi... venuti in città per il viaggio di nozze. Costoro sono a pochi passi da me e non si accorgono del passaggio della bara; stanno a braccetto, di tanto in tanto fanno una risatina, osservano qualche tomba e poi guardano a distanza con il binocolo. La vista di questa coppia mi fa quasi dispetto, perchè in contrasto con il luogo sacro e con i miei sentimenti... Nel Cimitero si viene per pregare e per meditare e non già per curiosità! E tu, donna, osi venire qui... ove tutto è austero ed arcano... osi venire in abito di moda, imbellettata e cosparsa di profumi?!
Mi avvio intanto verso un gruppetto di uomini, che parlano sommessamente, e mi accorgo che ai loro piedi c'è una bara; si prepara la sepoltura.
La fossa è pronta, alta circa un metro e mezzo; il Sacerdote l'ha benedetta nella mattinata. Prima che la cassa sia sepolta, si fa la ricognizione del cadavere, alla presenza di qualcuno dei parenti. Sono qui presenti parecchi congiunti del defunto, tutti uomini. Mi permetto di rivolger loro la parola: Io sono Sacerdote, sono stato tante volte vicino a dei cadaveri e so l'impressione triste che lascia l'ultimo sguardo dato al defunto prima della sepoltura. Se ci sono qui parenti intimi del morto, si allontanino; faccia la ricognizione qualche amico soltanto! -
Non si accetta il mio consiglio; tutti vogliono vedere il cadavere. Appena tolto il coperchio, nessuno dice sillaba; tutti gli occhi sul cadavere. Il defunto è un uomo sulla sessantina; il suo volto è esageratamente gonfio e quindi alterato.
Gli uomini, che per qualche istante sono rimasti muti e fissi sul cadavere, subito dopo ne ritorcono lo sguardo e si allontanano lentamente dal feretro, dicendo: ...Avrei fatto meglio e non guardarlo!... Come ci si trasforma a due giorni dalla morte!
Fatta la ricognizione, gl'interessati meditabondi se ne partono; io invece resto a guardare. I fossori servendosi di corde, depongono la bara nella fossa e cominciano a ricoprirla di terra.
Vedo intanto ciò che mai ho visto: uno dei fossori scaraventa con furia la zappa sulla bara, alla direzione del capo, e frantuma il coperchio.
- Scusate, brav'uomo, se chiedo spiegazione! Questo colpo di zappa sulla cassa potrebbe sembrare uno sfregio al defunto! -
- Non è cosi! Noi operai, facendo questo, eseguiamo un ordine ricevuto. Le bare poste nel campo comune, non avendo il sito in perpetuo, dopo circa otto anni devono essere rimosse ed i cadaveri si mettono nell'ossario. E' necessario affrettare la dissoluzione del corpo umano; il colpo di zappa sulla cassa fa raggiungere meglio lo scopo, in quanto la frattura del legno permette all'aria di penetrare e di compiere in fretta l'opera di dissoluzione. -
... Povero corpo umano ... tanto accarezzato in vita... tanto umiliato in morte! Ricoperta la fossa, su di essa viene collocata una Croce.
La Croce di Cristo, segno di vittoria sulla morte, come è eloquente sul sepolcro!
Una esumazione
L'orario è propizio per assistere a delle scene emozionanti, poichè oltre che alle sepolture, hanno luogo le esumazioni.
I cadaveri vengono esumati per essere collocati nei loculi di proprietà o nell'ossario comune.
Scorgo in fondo al campo comune, in una piccola cinta, una decina di persone, tra uomini e donne; mi avvicino e dall'assieme mi convinco che sono in aspettativa di qualche cosa.
- Scusino la mia indiscrezione! Sono loro venuti a visitare qualche tomba? - Reverende, non si tratta di semplice visita! Si deve esumare un cadavere ed aspettiamo i becchini!
- Da molti anni ha avuto luogo la sepoltura?
- No, da sei mesi. La cassa è stata posta qui, affinchè il corpo possa asciugarsi un poco. Appartenendo noi ad una Confraternita, abbiamo diritto ad alcuni loculi.
- Ma verrà esumato il cadavere, oppure si trasporterà soltanto la cassa al posto definitivo?
- La cassa solamente! Tuttavia qui ci siamo dei congiunti e, desiderando vedere il cadavere, faremo scoperchiare qualche istante la bara.
- Ascoltino il mio consiglio! Rinunzino a guardare il cadavere, specialmente le donne!... Ma loro sanno cosa sia un corpo dopo sei mesi di sepoltura? -
Una levata di scudi generale! - Voglio vedere Lucia!... L'ultimo sguardo a mia sorella!... L'ultimo bacio alla mamma mia!...
Non insisto; però m'intrattengo a chiacchierare sino alla venuta dei beccamorti. Mi presentano intanto la fotografia. La signora Lucia ha lineamenti delicati; all'aspetto pare una vera matrona.
- Avesse lei visto che bella signora era la morta! Peccato morire a trentacinque anni e lasciare quattro orfanelli!
I becchini sono giunti; con pochi colpi di martello abbattono la leggera parete di mattonelle e calce ed estraggono dalla propagine la cassa.
Il legno è umido e leggermente tarlato nella parete laterale. Dietro insistenza dei presenti, viene tolto il coperchio alla bara.
Ecco apparire un lenzuolo, dagli orli ricamati; un leggero strato di muffa lo ricopre, mentre qua e là si vedono grosse chiazze di sangue oscuro.
Sollevata la parte anteriore del lenzuolo, è un grido di spavento e di dolore; un uomo esclama: Basta! Chiudiamo e via!
Che disillusione! Il capo della defunta è già teschio; ciocche di capelli biondi si scorgono vicino; la faccia non si può mirare, poichè appare solo una grossa macchia nera; il petto è ricoperto da una poltiglia, mista a rosso e nero...
La figlia quindicenne ed un'altra donna stanno per svenire.
- Reverendo, avremmo fatto meglio ad ascoltare il suo suggerimento! - esclama un uomo, mentre asciuga le lagrime.
Restare indifferenti davanti a certe scene, non è possibile; il cuore umano ha delle fibre assai delicate, per cui si commuove e sente il bisogno di piangere. Anch'io mi mommuovo davanti al dolore di questa gente e verso qualche lacrima.
Sorpresa
Lo strato di zinco forato, posto fra il fondo della bara ed il cadavere, ha per scopo di lasciare nell'asciutto lo scheletro, staccandolo dagli umori della poltiglia della carne umana in dissoluzione. Questa delicatezza dei superstiti non rallenta e, peggio ancora, non impedisce la corruzione del cadavere. Inesorabilmente, chi va nella tomba, presto o tardi deve ridursi in polvere, tenendo conto che il corpo più è pingue, più in fretta ne avviene la corruzione. Possono capitare dei fatti curiosi a questo riguardo e sono più frequenti di quanto si possa pensare. Qua e là nel grande Cimitero si lavora; è quasi mezzogiorno. Continuo il mio giro di osservazione, notando quanto c'è di rilevante.
Verso la cinta di ponente, e precisamente sotto i cipressi, vedo una piccola squadra di vesti nere; sono chierici. Conosco il loro superiore e chiedo: E' avvenuto di recente qualche lutto in comunità? - No; si tratta di esumare il cadavere di un chierico, morto tisico dieci anni or sono. Le sue ossa verranno messe in questa cassetta di zinco e collocate nella cappella della nostra Famiglia Religiosa.
- E questi chierici impressionati?
- Sarà; li ho condotti qui, affinchè facciano un po' di meditazione; sono giovani, ancora sotto l'influsso delle attrattive del mondo e, considerando la morte, potranno rafforzare la loro volontà nella vocazione religiosa.
I fossori dànno di piglio prima alla zappa e poi alla pala ed in meno di un quarto d'ora di lavoro ecco apparire la cassa; viene portata su; un operaio le toglie il coperchio e si vede ciò che nessuno si aspetta: il ventenne chierico, da dieci anni seppellito, pare intatto, come se fosse morto qualche giorno prima: la berretta in testa, il volto atteggiato a serenità, una corona del Rosario tra le mani giunte, le membra dolcemente distese.
- Possibile, esclama il superiore dei chierici, che dopo tanto tempo il cadavere sia intatto?... Ed ora come fare a mettere il corpo in questa cassetta di zinco? Bisognerà rompere le membra!
- Non si dia pensiero, dice un fossore, perchè il rimedio è pronto! -
Così dicendo, prende tra le braccia la cassa, la muove un poco a modo di staccio... e tutto il corpo del chierico si riduce ad un mucchietto di cenere.
Tutti i presenti restammo meravigliati. - Dunque, quel che vedevamo, non era; il corpo, ma soltanto un sottilissimo strato esterno!
Senza frapporre tempo in mezzo i due fossori riversano quel poco di cenere nella cassetta di zinco e, con cinismo impareggiabile, parlano dei loro affari. Intanto io penso alle parole che disse il Creatore al primo uomo peccatore: Ricordati, o uomo, che sei polvere e in polvere ritornerai!
Sì, tutti sulla terra siamo polvere, o meglio, cenere e fango. Insuperbirsi è da sciocchi.
Fonte: www.preghiereagesuemaria.it
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