PDF) La Sindone secondo Maria Valtorta | Ugo Bertolami - Academia.edu
Supplemento di Ugo Bertolami al libro di Vincenzo Cerri
"La S. Sindone e le intuizioni mistiche di Maria Valtorta"
https://www.academia.edu/33496049/La_Sindone_secondo_Maria_Valtorta
Don Vincenzo Cerri pubblicò in proprio, per una tiratura di poche copie, questo bel libro dedicato alla Sindone secondo la descrizione che Maria Valtorta fa della Passione di Gesù. Io potei
averne una copia grazie a Mario Cerri, nipote dell’Autore, che mi
indirizzò ad una persona la quale conservava quella copia come oggetto sacro.
Pressoché sconosciuto in Italia, il libro mi era stato segnalato da un appassionato lettore della Valtorta di lingua inglese. Per una strana sorte, infatti, qualcuno ne aveva curato la traduzione e la pubblicazione in quella lingua. Sembra che l’edizione inglese avesse
avuto anche una discreta diffusione. Qualche copia si può ancora acquistare online.
Dopo quasi quarant’anni, come un emigrato che torni in patria,
il libro ora ricompare in Italia.
Nel 1978, quando fu pubblicato, non esisteva quasi il concetto di diffusione globale che ha portato la rete di Internet, con tutti i suoi pregi e difetti. Lo testimonia la sua grafica, tutta basata su disegni in bianco e nero, che riportano a quel periodo.
Dopo averlo letto, mi sono chiesto che cosa potesse ancora dire, dopo così tanto tempo, il libro di Don Cerri. A parte il fatto di essere
forse l’unico libro che tratta l’argo
mento della Sindone sotto la specifica angolazione valtortiana, può un libro come questo reggere il passo con le innumerevoli pubblicazioni sulla Sindone che si sono succedute dagli anni settanta ad oggi e che si basano su esperimenti effettuati con i più sofisticati strumenti scientifici? La risposta è affermativa, in quanto Cerri, sacerdote cattolico, ci descrive la Sindone da credente, facendoci capire ciò che può servire alla nostra labile fede.
I limiti della sua trattazione, chiariti nella prefazione, lo hanno messo in parte a riparo da quella certa
"ansia da prestazioni scientifiche
" che ha coinvolto molti autor
i moderni, troppo indaffarati a fare controlli di laboratorio su un oggetto che, per sua natura, non ne richiederebbe in quanto opera di Dio. Sarebbe fuori luogo, dunque, non rispettare tali limiti con un supplemento che avesse lo scopo di aggiornare il testo alle nuove indagini, così piene
di "effetti speciali": sarebbe come paragonare un vecchio telefono
ad un moderno tablet.
Detto questo, però, finito di leggere il libro, sono rimasto perplesso per il fatto che non venisse fatta menzione di quella che sembra esser diventata la materia del contendere tra credenti e non credenti: trovare le prove scientifiche di come si sia formata
l'immagine sindonica.
La formazione valletta
'immagine sindonica
II Cerri, come detto, stranamente non ne tratta, limitandosi ad un accenno nel capitolo introduttivo (pag. 11 della presente nuova edizione). La cosa appare strana, in quanto negli scritti valtortiani se ne parla in più punti. Per esempio, non solo con la cruda e poetica
frase, tratta da "I quaderni
del 1943", che il
Cerri riporta a pag. 22:
laSindone dove il sudore della mia morte ha impresso il segno del mio dolore, sof
ferto per l'umanità
; ma anche, e più diffusamente,
nell'opera
maggiore, dove Gesù dice alla Valtorta:
«... Tu
l'hai vista la corona di lividi che stava intorno ai miei
reni. I vostri scienziati, per dare una prova alla vostra incredulità rispetto a quella prova del mio patire che è la Sindone, spiegano
come il sangue, il sudore cadaverico e l'urea di un corpo
sopraffaticato abbiano potuto, mescolandosi agli aromi, produrre quella naturale pittura del mio Corpo estinto e torturato.
Meglio sarebbe credere senza aver bisogno di tante prove per credere. Meglio sarebbe dire:
"Ciò è opera di Dio" e benedi
re Iddioche vi ha concesso di avere la prova irrefragabile della miaCrocifissione e delle precedenti torture!
Ma poiché, ora, non sapete più credere con la semplicità dei bambini, ma avete bisogno di prove scientifiche - povera fede, la vostra, che senza il puntello e il pungolo della scienza non sa star ritta e camminare
-
sappiate che le contusioni feroci delle mie reni
sono state l'agente chimico più potente nel miracolo della Sindone.
Le mie reni, quasi frante dai flagelli, non hanno più potuto lavorare.Come quelle degli arsi in una vampa, sono state incapaci di filtrare,
e l'urea si è accumula
ta e sparsa nel mio sangue, nel mio corpo,dando le sofferenze della intossicazione uremica e il reagente chetrasudando dal mio cadavere fi
ssò l'impronta sul
la tela. Ma chi èmedico fra voi, o chi fra voi è malato di uremia, può capire qualisofferenze dovettero darmi le tossine uremiche, tanto abbondanti da
esser capaci di produrre un' impronta indelebile»
. (Valtorta 613.7 )Possibile che Cerri non conoscesse questo
"dettato"?
E' vero che comunque il meccanismo di formazione dell'impronta rimane un mistero, ma è altresì vero che molti
ricercatori attribuirono l'imbrunimento superficiale della Sindone
alla reazione dell'urea con gli aromi (
aloè e mirra) proprio come Gesù dice alla Valtorta.
Da Vignon a Intrigillo
Per far capire cosa intendesse Gesù con questa straordinaria rivelazione, e le sue dirette conseguenze, faccio un breve resoconto
Passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo - Anna Katharina Emmerick (parrocchiasanvitale.it)
Passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo - Anna Katharina Emmerick
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Fotogramma tratto dal film "La Passione di Cristo" di Mel Gibson
L'orribile flagellazione Secondo le rivelazioni di Suor Anna Caterina Emmerick
(Beata)
Per calmare la plebaglia con una punizione che la impietosisse, Pilato diede ordine di flagellare Gesù, secondo l'uso romano.. Fra il tumulto e il furore popolare Gesù fu condotto dagli sgherri sul piazzale. Il Signore venne trascinato bruscamente vicino al corpo di guardia del pretorio, dove si trovava la colonna di marmo munita di anelli e ganci; essa era destinata esclusivamente alla flagellazione dei condannati. I sei flagellatori, che svolgevano la funzione di carnefici nel pretorio, provenivano dalle frontiere egiziane, erano bruni, bassi e tarchiati; seminudi e mezzo ebbri, sembravano bestie assetate di sangue. Essi avevano nello sguardo qualcosa di diabolico; vicino a quella colonna avevano fustigato a morte molti altri condannati.
Benché il Salvatore non avesse opposto alcuna resistenza, venne trascinato con le funi, mentre i flagellatori gli assestavano pugni e calci. Gli strapparono di dosso il manto derisorio di Erode e fecero quasi cadere il Signore a terra. Vidi Gesù tremare e rabbrividire davanti alla colonna. Egli stesso si tolse la veste con le mani gonfie e sanguinanti. Poi pregò e volse per un attimo lo sguardo verso la sua santa Madre immersa nel dolore...
I carnefici, senza cessare le loro orrende imprecazioni, legarono le mani di Gesù a un grande anello fissato alla sommità della colonna dell'infamia. Così facendo, gli tesero talmente le braccia al di sopra della testa che i piedi legati fortemente alla colonna non toccavano completa mente il suolo. Due di quei bruti, assetati di sangue, iniziarono a flagellare il corpo immacolato di Gesù provocandogli i più atroci tormenti. Non mi è possibile descrivere le tremende atrocità inflitte a nostro Signore.
Le prime verghe di cui si servirono gli aguzzini erano strisce di color bianco, sembravano fatte di legno durissimo o nervi di bue.
Dorso, gambe e braccia venivano lacerati sotto i pesanti colpi del flagello, finché la pelle a brandelli col sangue schizzò al suolo. I gemiti dolorosi di Gesù sofferente erano soffocati dal clamore della plebaglia e dei farisei, che continuavano a gridare: "Fatelo morire! Crocifiggetelo!".
Per imporre il silenzio, e continuare a parlare al popolo, Pilato faceva suonare una tromba. Allora sulla piazza si udivano solo le sue parole, accompagnate dall'orribile sibilo della frusta e dai gemiti del Signore, come anche dalle imprecazioni degli ebbri carnefici...
La maggior parte del popolo manteneva una certa di stanza dal luogo della flagellazione, solo alcuni andavano e venivano dai paraggi della colonna per insultare il Signore... Giovani infami preparavano verghe fresche presso il corpo di guardia, altri cercavano rami spinosi per intrecciare la corona di spine. I servi dei sacerdoti avevano regalato denaro ai flagellatori e avevano dato loro delle brocche colme di un liquore rosso, del quale bevvero fino a ubriacarsi.
Dopo un quarto d'ora i carnefici che avevano flagellato Gesù furono Sostituiti da altri due. Questi ultimi si avventarono contro Gesù con cieco furore, usando anche bastoni nodosi con spine e punte. I colpi dei loro flagelli laceravano la carne del Signore fino a farne sprizzare il sangue sulle braccia dei carnefici. Presto quel santo corpo fu ricoperto di macchie nere e rosse, il sangue colava a terra ed egli si muoveva in un tremito convulso, tra ingiurie e dileggi...
La terza coppia di carnefici si avventò con maggior foga delle altre sul corpo martirizzato di Gesù. Per la fustigazione essi si servirono di cinghie munite di uncini di ferro. Eppure la loro rabbia diabolica non si placò. Gesù venne slegato e poi di nuovo legato, questa volta col dorso contro la colonna. Poiché il Signore non poteva più reggersi, gli passarono delle corde sul petto e lo legarono con le mani dietro la colonna. Ripresero così a fustigarlo. Gesù aveva il corpo ridotto a un'unica piaga e guardava i suoi carnefici con gli occhi pieni di sangue, come se implorasse la grazia. Ma, in risposta ai suoi flebili gemiti, la loro furia aumentò e uno dei carnefici lo colpì al viso con un'asta più flessibile.
L'orribile flagellazione durava già da tre quarti d'ora, quando uno straniero d'infima classe, parente di un cieco sanato da Gesù, si precipitò dietro la colonna con un coltello a forma di falce e gridò con voce indignata: "Fermatevi! Non colpite quest'innocente fino a farlo morire!". Approfittando dello stupore dei carnefici ebbri, lo straniero recise le corde annodate dietro la colonna e subito disparve tra la folla. Gesù cadde al suolo in mezzo al suo sangue; gli aguzzini lo lasciarono e se ne andarono a bere...
Al loro ritorno i flagellatori lo presero a calci per farlo rialzare. Gesù, strisciando, fece per riprendersi la fascia che gli aveva cinto i fianchi, ma i carnefici gliela spingevano sempre più lontana, costringendolo a contorcersi al suolo nel suo sangue e a strisciare come un verme; tutto questo avveniva tra i fischi, i motti e gli insulti della gente. Infine lo rimisero in piedi, gli gettarono la veste sulle spalle e lo sospinsero frettolosamente verso il corpo di guardia. Con la veste egli si asciugava il sangue che gli fuoriusciva copioso dal volto... Quando la crudele flagellazione ebbe fine erano circa le nove del mattino.
Gesù oltraggiato e coronato di spine.
L'incoronazione di spine fu eseguita nel cortile del corpo di guardia, le cui porte erano aperte; nell'interno si trovavano una cinquantina di aguzzini, servi e furfanti, i quali presero parte attiva ai martìri di Gesù. La folla si accalcava da tutti i lati, finché l'edificio fu isolato dai soldati romani.
Gesù fu spogliato nuovamente e rivestito di un vecchio mantello militare color porpora, che gli arrivava fin sopra alle ginocchia. Il mantello si trovava in un angolo della stanza e con esso venivano coperti i criminali dopo la flagellazione. Il Signore fu fatto sedere al centro del cortile, su un tronco di colonna ricoperto di cocci di vetro e di pietre.
Indicibile fu il tormento di quella incoronazione: intorno al capo di Gesù venne legato un serto intrecciato di tre rami spinosi, alto due palmi, le cui punte erano rivolte verso l'interno. Nel legare posteriormente la corona al santo capo, i carnefici gliela strinsero brutalmente per fare in modo che le spine grosse un dito si conficcassero nella sua fronte e nella nuca. Poi gli infilarono una canna tra le mani legate, si posero in ginocchio davanti a lui e inscenarono l'incoronazione di un re da burla.
Non contenti gli strapparono di mano quella canna, che doveva figurare come scettro di comando, e iniziarono a percuotergliela sulla corona di spine, tanto che gli occhi del Salvatore furono inondati di sangue; al tempo stesso i malfattori lo schiaffeggiavano e gli rivolgevano volgarità di ogni tipo... Il suo corpo era tutto una piaga, tanto che camminava curvo e malfermo. Il povero Gesù giunse sotto la scalinata davanti a Pilato, suscitando perfino in quest'uomo crudele un senso di compassione. Il popolo e i perfidi sacerdoti continuavano a schernirlo...
Pilato si assise sul seggio più elevato, di fronte alla colonna della flagellazione. Il seggio era ricoperto da un drappo scarlatto sul quale stava un cuscino azzurro con i bordi gialli; dietro ad esso si trovava il banco degli assessori.
Il Salvatore fu trascinato attraverso la folla e venne posto in mezzo a due ladroni condannati alla crocifissione. Gesù aveva il manto rosso sulle spalle e la corona di spine intorno al capo martoriato; la moltitudine furiosa lo scherniva e lo malediceva. I sacerdoti avevano fatto ritardare l'esecuzione di questi ladroni della peggiore specie con l'intenzione di umiliare maggiormente Gesù.
Le croci dei ladroni giacevano a terra accanto a loro; ma non vidi la croce del Salvatore, probabilmente perché la sua sentenza di morte non era stata ancora pronunciata. Appena si fu assiso sul seggio, Pilato disse ancora una volta ai nemici di Gesù: «Ecco il vostro re!».
Ma essi risposero: «Crocifiggilo!».
Pilato replicò: «Dovrò dunque crocifiggere il vostro re?».
«Noi non abbiamo altro re all'infuori dell'imperatore!», risposero pronti i sommi sacerdoti.
Vidi Gesù, alla base della scalinata che conduce al tribunale, esposto al dileggio dei suoi nemici...
Pilato pronunciò la sentenza di morte Con la disinvoltura di un pusillanime. Dopo un lungo preambolo espose i capi d'accusa contro Gesù: «Condannato a morte dai capi dei sacerdoti per aver turbato l'ordine pubblico e violato le leggi ebraiche, facendosi chiamare figlio di Dio e re dei Giudei». E, facendo portare la croce, Pilato concluse con la condanna capitale:
«Condanno Gesù di Nazareth, re dei Giudei, alla crocifissione!».
Pilato redasse la condanna a morte... Il senso di questo scritto era il seguente: «Costretto dalle insistenti pressioni dei sacerdoti del tempio, da tutto il Sinedrio e dalla minaccia di una sommossa popolare, ho consegnato agli Ebrei Gesù di Nazareth, accusato d'aver turbato la pace pubblica, di aver bestemmiato e violato le loro leggi. Ho pronunciato la condanna di quest'uomo nonostante le accuse non chiare, per non essere accusato dall'imperatore di aver provocato una rivolta dei Giudei. L'ho consegnato alla crocifissione insieme a due criminali già condannati dai Giudei».
Egli fece scrivere su una tavoletta di colore bruno iscrizione da apporre sopra la croce i sommi sacerdoti, che si trovavano ancora nel tribunale, protestarono indignati contro la formulazione della sentenza, poiché Pilato aveva scritto che essi avevano fatto ritardare l'esecuzione dei ladroni con il proposito di crocifiggere Gesù con loro. Inoltre essi chiesero che sulla tavoletta non si scrivesse «re dei Giudei», bensì che «si era detto re dei Giudei». Pilato si spazientì e rispose loro incollerito: «Ciò che ho scritto, è scritto!». Tuttavia essi pretendevano che l'iscrizione fosse almeno soppressa, rappresentando un insulto al loro onore. Pilato non esaudì la loro richiesta, e così fu necessario allungare la croce mediante l'aggiunta di un altro pezzo di legno, sul quale si poteva inchiodare la tavoletta con la scritta.
Quando la croce di Gesù fu adattata in questo modo, risultò più alta di quelle dei ladroni e assunse la forma di una Y, come ho sempre contemplato; i due bracci risultarono più sottili del tronco; infine si appose uno zoccolo di legno nel posto dei piedi per sostenerli...
Il Signore venne abbandonato nelle mani dei carnefici. Gli restituirono i suoi indumenti, poiché era usanza dei Romani rivestire coloro che venivano condotti al supplizio...
Per poterlo rivestire, quegli ignobili lo denudarono un'altra volta e gli slegarono le mani. Gli strapparono violentemente il mantello purpureo, provocandogli con gran dolore la riapertura delle ferite. Egli stesso, tremante, si cinse con la fascia che serviva a coprirgli le reni. Gli fu gettato lo scapolare sulle spalle. Siccome a causa della corona di spine era impossibile infilargli la tunica inconsutile, essi gliela strapparono dalla testa causandogli dolori indicibili. Sulla tunica, tessuta dalla sua santa Madre, gli fecero indossare l'ampia veste di lana bianca, la larga cintura e il mantello. Intorno alla vita gli legarono la cinghia munita di punte, dov'erano attaccate le corde con le quali lo trascinavano. Tutto ciò fu eseguito con disgustosa brutalità.
I due ladroni stavano uno a destra e l'altro a sinistra di Gesù, avevano le mani legate e portavano una catena at torno al collo. Erano ridotti male: a causa della recente flagellazione i loro corpi erano ricoperti di piaghe. Indossavano una tunica senza maniche e una cintura intorno alle reni, sul capo avevano un cappello di paglia intrecciata, simile a quello che portano i bambini.
Il ladrone, che più tardi si convertì, era già calmo, rassegnato e pensoso; l'altro, invece, era volgare e insolente: egli si univa ai carnefici nel lanciare insulti e imprecazioni contro Gesù, il quale offriva le sue sofferenze per la loro salvezza. Vidi i carnefici occupati a sistemare gli attrezzi di tortura e a organizzare il doloroso cammino del Redentore.
Dopo aver ricevuto una copia della sentenza, i sacerdoti si affrettarono a raggiungere il tempio. E mentre questi perfidi immolavano sull'altare di pietra gli agnelli pasquali, lavati e benedetti, i brutali carnefici sacrificavano sull'altare della croce l'Agnello di Dio, sfigurato e contuso. Il primo era l'altare simbolico della legge; il secondo era quello della grazia, della carità e del perdono.
Gesù porta la croce verso il Calvario
Impazienti, i carnefici sollevarono Gesù e gli caricarono sulla spalla destra il pesante fardello. Egli rimase curvo sotto il grave peso... Mentre Gesù pregava, le mani dei due ladroni furono legate saldamente alle assi trasversali delle loro croci poste dietro la nuca...
I carnefici rialzarono il Signore con terribile violenza, facendogli sentire sulle spalle tutto il peso dell'intera croce. Così cominciò la marcia trionfale del Re dei re, tanto ignominiosa sulla terra quanto gloriosa in cielo. Ai piedi del legno della croce erano state legate due corde, per mezzo delle quali due carnefici la tenevano sollevata.
Altri quattro aguzzini tenevano delle funi attaccate alla catena che cingeva la cintura di Gesù. Il suo mantello era sollevato e trattenuto dalla cintura...
Il drappello dei legionari romani si mise in marcia sulla strada principale della città, mentre il corteo con i condannati attraversò una viuzza laterale per non intralciare il popolo che si recava al tempio. Precedeva il triste corteo un trombettiere che proclamava a ogni crocevia la sentenza di morte. Qualche passo dietro a lui venivano i servi con le funi, i chiodi, i cunei e tutti gli accessori delle croci dei due ladroni. Seguivano poi i farisei a cavallo e un giovinetto che portava sul petto l'iscrizione della croce.
Infine veniva Gesù, il Cristo, curvo e straziato sotto il carico della croce; era ferito in tutto il corpo e aveva i piedi nudi e sanguinanti. Non aveva preso cibo né bevanda dalla sera prima ed era oltremodo sfinito a causa delle perdite di sangue, della febbre e delle molteplici sofferenze.
Il Signore sosteneva la pesante croce sulla spalla aiutandosi con la mano destra, mentre con la sinistra tentava ripetutamente di sollevare la lunga veste che gli ostacola va il passo. Le sue mani erano ferite e gonfie a causa della brutalità con la quale erano state legate, il suo viso era gonfio e insanguinato, i capelli e la barba imbrattati di sangue raggrumato. La croce e le catene gli premevano sul corpo la veste di lana riaprendogli le piaghe con grande dolore. Quattro carnefici tenevano a distanza le estremità delle corde fissate alla sua cintura. Due lo tiravano in avanti e gli altri due da dietro, così che il suo passo era malfermo.
Prima caduta di Gesù sotto la croce
Davanti alla salita vi è un avvallamento nel quale si accumula acqua piovana e fango. Per facilitare il passaggio, vi era stata posta una grossa pietra, come se ne vedono in molte vie di Gerusalemme. Arrivato a quella pietra, con il grave peso sulle spalle, Gesù non riusciva a proseguire. Tirato dai suoi carnefici, cadde e la croce rovinò accanto a lui. I carnefici lo colmarono di ingiurie e lo colpirono con calci e pugni. Il corteo si fermò e ci fu un grande tumulto...
Quando Gesù riuscì a riprendersi, quegli uomini abominevoli, invece di alleviare le sue sofferenze, gli rimisero intorno alla testa la corona di spine. Lo fecero alzare a forza di maltrattamenti e gli misero la croce sul dorso. Egli fu costretto a inclinare da un lato il capo straziato dalle spine. E Gesù, con questo nuovo supplizio, riprese il doloroso cammino per la ripida strada.
Gesù incontra sua madre
Dopo la sentenza pronunciata da Pilato, l'Addolorata si fece condurre nei luoghi santificati dalle ultime sofferenze del suo adorato Figlio. Ella voleva coprire con le sue calde lacrime il sangue di Gesù. Con profonda devozione, Giovanni e le pie donne accompagnarono la Vergine nel suo sacrificio mistico. Con questa consacrazione, la santa Vergine divenne lei stessa Chiesa vivente, Madre comune di tutti i cristiani.
Mentre visitava le stazioni della sofferenza di suo Figlio, la Vergine udì il suono agghiacciante delle trombe che annunziavano la partenza del triste corteo diretto al Calvario. Allora, non potendo più trattenere il desiderio di rivedere il santo Figlio, pregò Giovanni di condurla in uno dei luoghi presso i quali doveva passare Gesù. Scesero dal quartiere di Sion e raggiunsero la piazza dalla quale era partito il corteo con Gesù, e continuarono per le viuzze laterali passando attraverso porte di solito chiuse ma che in quel giorno erano aperte per consentire il transito della folla...
Poi Giovanni, la Vergine Maria, Susanna, Giovanna Cusa e Salomè di Gerusalemme entrarono in un grande palazzo; mi sembra che questa costruzione comunicasse, attraverso viali e cortili, con il palazzo di Pilato, oppure con la dimora di Caifa. Giovanni ottenne dal benevolo portiere il permesso di attraversare il palazzo e uscire dal lato opposto. Costui li fece entrare e si prestò ad aprire la porta orientale dell'edificio. Nel vedere la Madre di Gesù pallida come una morta, con gli occhi arrossati dal pianto, tremante e sfinita, avvolta in un mantello azzurro, mi sentii morire per il dolore. Sempre più chiari si avvertivano il clamore e gli squilli di tromba che annunciavano i condannati condotti alla crocifissione.
Un altro squillo di tromba, questa volta più vicino, trapassò il cuore della santa Vergine. La triste processione era adesso visibile, distava ormai un centinaio di passi dal portone. Il corteo non era preceduto dalla folla, ma questa sta va soltanto ai lati e dietro. Dopo il trombettiere avanzavano gli schiavi con aria insolente e trionfante; essi portavano gli arnesi del supplizio. A quella vista la Madre di Gesù incominciò a tremare, a singhiozzare e a torcersi le mani.
Uno di quegli insolenti, pieno d'arroganza, chiese agli altri: «Chi è quella donna che tanto si lamenta?». Gli fu subito risposto: «E la madre del Galileo».
Subito gli scellerati la colmarono di beffe e la segnarono a dito; uno di essi presentò al suo sguardo addolorato i chiodi che dovevano servire alla crocifissione del Figlio. Vidi i farisei passare superbi sui loro cavalli, seguiti dal giovinetto che recava l'iscrizione. A pochi passi di distanza seguiva Gesù con l'orrenda corona di spine. Il Signore barcollava ed era sanguinante sotto la pesante croce. Gli occhi spenti e arrossati del Cristo sofferente gettarono sulla santa Madre uno sguardo compassionevole.
Toccata da quello sguardo colmo di misericordioso amore, la santa Vergine giunse le mani e si appoggiò al portone per non cadere. Era pallida ed aveva le labbra livide. Il Signore inciampò e barcollò, poi cadde per la seconda volta sotto il peso della croce. La Madre di Gesù, accecata dal dolore, non vide più né i soldati né gli altri, ma solo il Figlio sanguinante torturato dagli aguzzini. Nell'impeto del suo amore, si precipitò in mezzo ai carnefici nel tentativo di abbracciarlo, così cadde in ginocchio vicino a lui e se lo strinse tra le braccia. Udii esclamare: «Figlio mio!...», «Madre mia!...», ma non sono certa se queste parole fossero state pronunciate realmente o solo nello spirito.
Vidi i soldati commossi di fronte a quella Madre straziata dal dolore: essi avevano cercato di respingerla ma non ebbero il coraggio di farle del male. Vi fu un momento di confusione generale, in cui Giovanni e le pie donne ne approfittarono per rialzare Maria...
Circondata da Giovanni e dalle pie donne, l'Addolorata fu portata via e il corteo proseguì il suo triste cammino... Frattanto la soldataglia aveva rialzato Gesù e gli aveva rimesso la croce sulle spalle. In mezzo alla masnada, che seguiva il corteo per ingiuriare il Signore, vidi alcune donne velate piangere in silenzio.
Santa Veronica con il sudario
...vidi una donna uscire da una casa e gettarsi davanti al corteo. Costei era alta e bella e conduceva per mano una giovinetta. La donna si chiamava Serafia ed era moglie di Sirach, un membro del consiglio del tempio. Per dell'avvenimento di questo giorno fu chiamata Veronica..
Serafia aveva preparato a casa un eccellente vino aromatico per confortare Gesù sul doloroso cammino. Impaziente di compiere la sua offerta, la pia donna era uscita più volte per andare incontro alla triste processione. Infatti l'avevo vista correre al fianco dei soldati tenendo per mano la sua figlia adottiva di circa nove anni. Poiché non le era stato possibile aprirsi un varco tra i soldati per raggiungere il Redentore, ella era rientrata a casa per attendere il passaggio del corteo. Giunto l'atteso momento, Serafia discese nella strada, velata e con un sudario di lino sulle spalle. La bimba, tenendosi stretta vicino a lei, manteneva nascosto sotto il grembiulino il vaso chiuso di vino aromatico.
Questa volta Serafia attraversò d'impeto la folla venendo finalmente dinanzi a Gesù. Invano i soldati avevano cercato di trattenerla. Alla presenza del Figlio di Dio ella cadde in ginocchio: fuori di sé dalla compassione, dispiegò per uno dei lati il sudario e gli disse: «Oh, fammi degna di tergere il volto del mio Signore!». Gesù prese il velo con la mano sinistra e lo compresse sul suo volto insanguinato, indi muovendo la sinistra col sudario verso la destra che manteneva il capo della croce, strinse il lino con entrambe le mani e glielo rese.
Serafia baciò la stoffa, se la mise sotto il manto e si rialzò... Il corteo si era arrestato, i farisei e i carnefici, assai irritati, si misero a colpire Gesù, mentre Veronica rientrò in fretta a casa sua... Il lino era tre volte più lungo che largo, abitualmente lo si portava attorno al collo; un'altra stoffa simile si portava pure sulle spalle. A quel tempo, vi era l'uso di andare con i sudari dalle persone malate, o in qualche modo afflitte, e di asciugare loro il viso in segno di amorevole compassione.
Veronica appese il sudario al capezzale del suo letto e lo venerò per tutta la vita. Dopo la sua morte, questo fu passato dalle pie donne alla santa Vergine e poi alla Chiesa degli apostoli. Serafia era nata a Gerusalemme ed era cugina di Giovanni Battista. La pia donna aveva almeno cinque anni più della santa Vergine e aveva assistito al suo matrimonio con san Giuseppe...
Durante l'infame giudizio del tribunale di Caifa, Sirach si dichiarò a favore di Gesù e prese posizione con Giuseppe e Nicodemo, e come loro si separò dal sinedrio. Malgrado i suoi cinquant'anni, Serafia era ancora una bella donna. La domenica delle Palme, per onorare l'entrata trionfale del Signore a Gerusalemme, si era tolta il velo e l'aveva steso sulla strada dove egli passava. Fu questo stesso velo che ella porse a Gesù per alleviare le sue sofferenze. Il santo velo è tuttora oggetto di venerazione nella Chiesa di Cristo.
Il terzo anno dopo l'ascensione di Cristo, l'imperatore romano, molto malato, inviò un suo fiduciario a Gerusalemme per raccogliere informazioni circa la morte e la risurrezione di Gesù. Il fiduciario ritornò a Roma accompagnato da Nicodemo, Veronica e il discepolo Epatras, parente di Giovanna Cusa. Vidi santa Veronica al capezzale dell'imperatore, il cui letto era elevato su due gradini; una grande tenda appesa alla parete pendeva fino a terra. La camera da letto era quadrata; non era grande e non vidi finestre: la luce proveniva da un'ampia fessura posta in alto. I parenti dell'imperatore si erano riuniti nell'anticamera. Veronica aveva con sé, oltre al velo, un lenzuolo di Gesù. Ella spiegò il velo davanti all'imperatore, che guardò stupefatto l'impronta di sangue del santo volto del Signore. Sul lenzuolo, invece, vi era impressa l'immagine del dorso del santo corpo flagellato. Credo che fosse uno di quei grossi lini inviati da Claudia, sui quali vi era stato adagiato il santo corpo del Signore per essere lavato prima della sepoltura.
L'imperatore guarì alla sola vista di quelle immagini, senza nemmeno toccarle. Egli offrì a santa Veronica un palazzo con gli schiavi, pregandola di stabilirsi a Roma, ma lei chiese il permesso di far ritorno a Gerusalemme per morire vicino al santo sepolcro di Gesù crocifisso. Ella ritornò a Sion nel periodo della persecuzione contro i cristiani, mentre Lazzaro e le sue sorelle conoscevano la miseria dell'esilio.
Santa Veronica fu costretta a fuggire con altre donne cristiane, ma fu presa e incarcerata. Morì con il santo nome di Gesù sulle labbra. Ho visto il velo nelle mani delle pie donne, poi in quelle del discepolo Taddeo a Edessa, dove la santa reliquia operò diversi miracoli. Lo vidi ancora a Costantinopoli, e in fine fu consegnato dagli apostoli alla Chiesa. Mi sembra di aver visto il santo velo a Torino, dove si trova anche la sindone del Redentore.
Il corteo riprese il cammino. Gesù, piegato dai brutali colpi dei carnefici, curvo sotto il suo fardello, fu costretto a salire penosamente il tortuoso sentiero che conduce al Calvario...
Dalla cima del monte Calvario si domina tutta la città. Il luogo delle crocifissioni è di forma circolare, come un'ampia piazza dalla quale si snodano cinque sentieri. Cinque strade, o sentieri, si trovano dappertutto in Palestina, in particolar modo presso le fonti d'acqua usate per bagnarsi o per battezzare, come la Piscina di Bethsaida. Molte città hanno anche cinque porte. In Terrasanta quest'antica tradizione ha un significato profondo e profetico, che trova compimento nelle sacre piaghe del Signore: le cinque vie aperte alla nostra redenzione.
I farisei a cavallo raggiunsero il luogo delle croci da ponente, dove il pendio e più agevole e meno ripido, mentre i condannati venivano fatti passare dal lato opposto, più aspro e scosceso. I cento soldati romani si erano disposti intorno al promontorio delle crocifissioni per impedire eventuali disordini. Alcuni di essi vigilavano sui ladroni, che ancora non erano stati condotti sulla cima della collina. I due condannati giacevano al suolo, sul dorso, con le braccia legate agli assi trasversali delle loro croci.
La plebaglia — schiavi, gentili e pagani — non temeva l'impurità e perciò aveva preso posto attorno al luogo delle croci; i fanciulli furono fatti allontanare. Le montagne vicine e la parte occidentale del monte Gihon traboccavano di pellegrini per la Pasqua. Erano le dodici meno un quarto quando Gesù, giunto sulla cima del Calvario...
Che spettacolo pietoso vedere il Signore Gesù in piedi vicino alla sua croce, pallido come un morto e completamente sfigurato! I miserabili lo gettarono di nuovo a terra ed esclamarono: «Vieni, gran re, prendiamo le misure per il tuo trono!».
Vidi Gesù stendersi da solo sulla croce per permettere agli aguzzini di prendere le misure per la chiodatura delle sue mani e dei suoi piedi; contemporaneamente i farisei si facevano beffe di lui. Quando ebbero finito, lo fecero rialzare e lo condussero più in là, vicino a una specie di caverna scavata nella roccia, nella quale ve lo spinsero brutalmente... I carnefici chiusero la porta della prigione e vi lasciarono a guardia due uomini.
Nel punto più alto del Golgota furono iniziati i preparativi del supplizio. Il luogo delle crocifissioni era un'altura tondeggiante che si elevava circa due piedi dal suolo e vi si accedeva per mezzo di alcuni gradini. In questa specie di piattaforma naturale si preparò la buca per fissarvi dentro la croce di Gesù quando sarebbe stata elevata. All'estremità dei due tronchi della croce si praticarono i fori per conficcarvi i chiodi. In alto si fissò la tavoletta della sua condanna e in basso uno zoccolo per posarvi i piedi. In mezzo al tronco verticale furono praticate alcune incavature che avrebbero dato spazio alla corona di spine e avrebbero sostenuto il dorso del Signore, in modo che il suo corpo rimanesse sorretto e il peso non gravasse tutto sulle mani.
Gli sgherri strapparono a nostro Signore il mantello, la cintura di ferro e la cintura, quindi gli tolsero la veste di lana bianca facendola passare sopra la sua testa. Non riuscendo a sfilargli la tunica, impedita dalla corona di spine, gli strapparono quest'ultima con violenza, riaprendogli tutte le ferite del capo. Il Signore rimase con un panno attorno alle reni e lo scapolare di lana che gli proteggeva le spalle; il medesimo si era appiccicato alle piaghe del corpo ed egli patì dolori strazianti quando glielo strapparono. La profonda ferita scavata sulla spalla dall'enorme peso della croce gli provocava una sofferenza indicibile; il dorso e le spalle erano lacerati fino all'osso, il corpo nudo era orribilmente sfigurato, gonfio e piagato...
Gesù, vera immagine di dolore, fu disteso dai carnefici sul letto della sua morte. Dopo avergli sollevato il braccio destro, questi poggiarono la sua mano sul foro praticato nel braccio della croce e ve la legarono strettamente. Poi uno dei due crocifissori pose il ginocchio sul sacratissimo petto del Signore, mentre gli manteneva aperta la mano che si contraeva, e subito l'altro gli conficcò nel palmo di quella stessa mano un chiodo spesso e lungo, dalla punta acuminata. Quindi gli diede sopra dei pesanti colpi di martello. Il Salvatore emise un gemito di dolore e il suo sangue sprizzò sulle braccia dei carnefici. Contai i colpi di martello, ma ne ho dimenticato il numero.
I mazzuoli dei carnefici erano di ferro, avevano pressappoco la forma dei martelli da falegname, però erano più grandi e formavano un pezzo unico col manico. I chiodi, la cui dimensione aveva fatto fremere Gesù, erano talmente lunghi che quando furono conficcati nelle mani e nei piedi del Redentore uscivano dietro la croce. Dopo aver inchiodato la mano destra di Gesù al legno della croce, i carnefici si accorsero che l'altra mano non arrivava al foro praticato nell'asse sinistro della croce. Allora legarono una fune al braccio sinistro di Gesù e, puntando i piedi contro la croce, lo tirarono con tutte le loro forze, finché la sua mano raggiunse il foro. Gesù soffriva indicibilmente perché gli avevano slogato interamente il braccio. I crocifissori s'inginocchiarono sopra le braccia e sul petto del Signore e conficcarono il chiodo nella sua mano sinistra, che subito sprizzò un gettito di sangue. I gemiti di dolore del Salvatore si udivano attraverso il rumore dei pesanti colpi di mazzuolo...
I carnefici distesero le gambe del Signore, che si erano ritratte verso il corpo a causa della violenta tensione delle braccia, e le legarono con le corde. Non riuscendo però a far arrivare i piedi al supporto di legno destinato a sostenerlo, essi rinnovarono gli insulti contro di lui. Intervennero alcuni crocifissori propensi a fare nuovi fori per i chiodi conficcati nelle mani perché sembrava difficile spostare lo zoccolo di legno che avrebbe dovuto sostenere i piedi.. legarono con le funi la gamba destra e la tirarono con violenza crudele finché non raggiunse lo zoccolo di legno, provocando a Gesù un'orribile stiramento...
Gli avevano legato il petto e le braccia perché le mani non si staccassero dai chiodi. Poi legarono il piede sinistro sopra il destro, presero un chiodo ben più lungo di quello delle mani e glielo infissero, conficcandolo fin nel legno della croce. Io guardai quel chiodo trapassare i due piedi del Signore e il supporto di legno. La chiodatura dei piedi fu più crudele di ogni altra, a causa della tensione di tutto il corpo. Gesù è crocifisso.
Era circa mezzogiorno e un quarto quando la croce fu innalzata con Gesù crocifisso... Quando la croce fu innalzata, e fu lasciata cadere di peso nella buca, tremò tutta per il contraccolpo. Gesù levò un profondo gemito di dolore, le sue ferite si allargarono, il sangue ne sgorgò più copioso e le sue ossa slogate si urtarono. La testa, cinta dalla corona di spine, sanguinò violentemente... I carnefici appoggiarono le scale alla croce e slegarono le funi che avevano trattenuto il santo corpo di Gesù durante la chiodatura; in tal modo il sangue riprese a circolare improvvisamente affluendo alle sue piaghe. Ciò causò al Signore altri indicibili dolori...
Contemplai con tenera compassione il mio Signore con l'orribile corona di spine, il sangue che gli riempiva gli occhi, la bocca semiaperta, la chioma e la barba insanguinata, il capo abbattuto sul petto. Dopo lo svenimento, a causa del peso della corona di spine, egli rialzò la testa con fatica. Il suo petto si era rialzato, scavando al di sotto una depressione profonda, l'addome era cavo e rientrato; le spalle, i gomiti, i polsi, le cosce e le gambe tutte slogate. Le sue membra erano tese e i muscoli dilaniati, al punto tale che era possibile contarne le ossa. Il suo santo corpo era ricoperto di macchie orribili, nere, blu e giallastre. Il sangue gli colava dalle mani lungo le braccia e scorreva dal foro prodotto nei suoi sacratissimi piedi, irrorando la parte inferiore dell'albero della croce. Il sangue, dapprima rosso vivo, divenne alla fine pallido e acquoso. Eppure, anche così sfigurato, il santo corpo del Signore, simile a un cadavere dissanguato...
A mezzogiorno, nubi fitte e rossastre coprirono il cielo; a mezzogiorno e mezzo, che corrisponde alla cosiddetta ora sesta dei Giudei, vi fu l'oscuramento miracoloso del sole. Un poco alla volta, il cielo intero s'incupì e si tinse di rosso. Uomini e bestie furono afferrati dalla paura... Gli stessi farisei guardavano con timore il cielo: essi erano talmente spaventati da quelle tenebre rossastre che cessarono perfino d'ingiuriare Gesù...
Quando tornò la luce del giorno, si vide il santo corpo del Signore appeso alla croce, esangue, livido e più bianco di prima a causa del sangue versato. Il centurione.. strappò dalle mani del soldato la spugna, la svuotò e l'impregnò d'aceto puro. Poi l'adattò a una canna d'issopo e la pose in cima alla sua lancia, che portò fino alla bocca del Signore. L'ultima ora del Signore era ormai prossima. Egli lotta va contro la morte come un uomo comune; un sudore freddo gli copriva tutto il corpo e il petto ansimava sempre più forte. Giovanni, sotto la croce, gli asciugava i piedi con un sudario. Maria Maddalena, distrutta dal dolore, era appoggiata dietro la croce. La Vergine si manteneva in piedi fra la croce di Gesù e quella del buon ladrone, sostenuta da Salomè e da Maria di Cleofa. Giunto all'estremo, Gesù disse: «Tutto è compiuto!».
Sollevò il capo e gettò un grido forte e soave che penetrò il cielo e la terra: «Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito! Quando il Signore chinò il capo e rese lo spirito, erano passate da poco le ore quindici. Vidi la sua anima discendere nel limbo come una figura luminosa. Giovanni e le pie donne caddero con la fronte nella polvere.
Tutto si era ormai compiuto, l'anima del Signore aveva abbandonato il santo corpo. L'ultimo grido del Santo dei santi aveva fatto tremare la terra e quelli che lo avevano udito; la roccia del Calvario si spaccò e numerose case crollarono. Le poche persone ancora presenti sul Golgota si percossero il petto e si affrettarono a rincasare. Le vidi profondamente commosse, mentre si laceravano le vesti e si cospargevano il capo di polvere. Giovanni e le pie donne si rialzarono e prestarono amorevoli cure alla Vergine.
Abenadar, dopo aver presentato l'aceto al Salvatore, rimasto stranamente impressionato: fermo sul suo cavallo, egli non poteva più distogliere gli occhi dal santo volto di Gesù coronato di spine. Perfino il cavallo abbassò il capo e il centurione gli allentò le redini. In quel momento la luce della grazia lo illuminò ed e, si sentì trasformato. Il cuore orgoglioso del fiero centurione si era infranto come la roccia del Calvario. Egli gettò lontano la lancia, si batté il petto con forza ed emise il grido dell'uomo nuovo: «Benedetto sia il Signore onnipotente, il Dio d'Abramo, d'Isacco e di Giacobbe! Questi era certamente un giusto, ed è veramente il Figlio di Dio!»...
Con un'estrema convulsione, il corpo di Cristo divenne esangue e impallidì in modo straordinario, mentre le sue ferite, dalle quali era fuoruscito il sangue in abbondanza, risaltavano come macchie scure... Nell'affidarsi completamente alla morte, Gesù aveva sollevato la sua testa coronata di spine lasciandola ricadere sotto il peso dei dolori; le sue labbra, divenute livide e contratte, si erano socchiuse senza più alcuna tensione, così le sue mani sostenute dai chiodi si distesero, come anche le braccia. Il suo dorso si irrigidì lungo la croce e tutto il peso del corpo poggiò sui piedi, le ginocchia si piegarono tutte da un lato ed i suoi piedi trafitti si girarono un poco intorno al chiodo.
Supplemento di Ugo Bertolami al libro di Vincenzo Cerri
"La S. Sindone e le intuizioni mistiche di Maria Valtorta"
https://www.academia.edu/33496049/La_Sindone_secondo_Maria_Valtorta
Don Vincenzo Cerri pubblicò in proprio, per una tiratura di poche copie, questo bel libro dedicato alla Sindone secondo la descrizione che Maria Valtorta fa della Passione di Gesù. Io potei
averne una copia grazie a Mario Cerri, nipote dell’Autore, che mi
indirizzò ad una persona la quale conservava quella copia come oggetto sacro.
Pressoché sconosciuto in Italia, il libro mi era stato segnalato da un appassionato lettore della Valtorta di lingua inglese. Per una strana sorte, infatti, qualcuno ne aveva curato la traduzione e la pubblicazione in quella lingua. Sembra che l’edizione inglese avesse
avuto anche una discreta diffusione. Qualche copia si può ancora acquistare online.
Dopo quasi quarant’anni, come un emigrato che torni in patria,
il libro ora ricompare in Italia.
Nel 1978, quando fu pubblicato, non esisteva quasi il concetto di diffusione globale che ha portato la rete di Internet, con tutti i suoi pregi e difetti. Lo testimonia la sua grafica, tutta basata su disegni in bianco e nero, che riportano a quel periodo.
Dopo averlo letto, mi sono chiesto che cosa potesse ancora dire, dopo così tanto tempo, il libro di Don Cerri. A parte il fatto di essere
forse l’unico libro che tratta l’argo
mento della Sindone sotto la specifica angolazione valtortiana, può un libro come questo reggere il passo con le innumerevoli pubblicazioni sulla Sindone che si sono succedute dagli anni settanta ad oggi e che si basano su esperimenti effettuati con i più sofisticati strumenti scientifici? La risposta è affermativa, in quanto Cerri, sacerdote cattolico, ci descrive la Sindone da credente, facendoci capire ciò che può servire alla nostra labile fede.
I limiti della sua trattazione, chiariti nella prefazione, lo hanno messo in parte a riparo da quella certa
"ansia da prestazioni scientifiche
" che ha coinvolto molti autor
i moderni, troppo indaffarati a fare controlli di laboratorio su un oggetto che, per sua natura, non ne richiederebbe in quanto opera di Dio. Sarebbe fuori luogo, dunque, non rispettare tali limiti con un supplemento che avesse lo scopo di aggiornare il testo alle nuove indagini, così piene
di "effetti speciali": sarebbe come paragonare un vecchio telefono
ad un moderno tablet.
Detto questo, però, finito di leggere il libro, sono rimasto perplesso per il fatto che non venisse fatta menzione di quella che sembra esser diventata la materia del contendere tra credenti e non credenti: trovare le prove scientifiche di come si sia formata
l'immagine sindonica.
La formazione valletta
'immagine sindonica
II Cerri, come detto, stranamente non ne tratta, limitandosi ad un accenno nel capitolo introduttivo (pag. 11 della presente nuova edizione). La cosa appare strana, in quanto negli scritti valtortiani se ne parla in più punti. Per esempio, non solo con la cruda e poetica
frase, tratta da "I quaderni
del 1943", che il
Cerri riporta a pag. 22:
laSindone dove il sudore della mia morte ha impresso il segno del mio dolore, sof
ferto per l'umanità
; ma anche, e più diffusamente,
nell'opera
maggiore, dove Gesù dice alla Valtorta:
«... Tu
l'hai vista la corona di lividi che stava intorno ai miei
reni. I vostri scienziati, per dare una prova alla vostra incredulità rispetto a quella prova del mio patire che è la Sindone, spiegano
come il sangue, il sudore cadaverico e l'urea di un corpo
sopraffaticato abbiano potuto, mescolandosi agli aromi, produrre quella naturale pittura del mio Corpo estinto e torturato.
Meglio sarebbe credere senza aver bisogno di tante prove per credere. Meglio sarebbe dire:
"Ciò è opera di Dio" e benedi
re Iddioche vi ha concesso di avere la prova irrefragabile della miaCrocifissione e delle precedenti torture!
Ma poiché, ora, non sapete più credere con la semplicità dei bambini, ma avete bisogno di prove scientifiche - povera fede, la vostra, che senza il puntello e il pungolo della scienza non sa star ritta e camminare
-
sappiate che le contusioni feroci delle mie reni
sono state l'agente chimico più potente nel miracolo della Sindone.
Le mie reni, quasi frante dai flagelli, non hanno più potuto lavorare.Come quelle degli arsi in una vampa, sono state incapaci di filtrare,
e l'urea si è accumula
ta e sparsa nel mio sangue, nel mio corpo,dando le sofferenze della intossicazione uremica e il reagente chetrasudando dal mio cadavere fi
ssò l'impronta sul
la tela. Ma chi èmedico fra voi, o chi fra voi è malato di uremia, può capire qualisofferenze dovettero darmi le tossine uremiche, tanto abbondanti da
esser capaci di produrre un' impronta indelebile»
. (Valtorta 613.7 )Possibile che Cerri non conoscesse questo
"dettato"?
E' vero che comunque il meccanismo di formazione dell'impronta rimane un mistero, ma è altresì vero che molti
ricercatori attribuirono l'imbrunimento superficiale della Sindone
alla reazione dell'urea con gli aromi (
aloè e mirra) proprio come Gesù dice alla Valtorta.
Da Vignon a Intrigillo
Per far capire cosa intendesse Gesù con questa straordinaria rivelazione, e le sue dirette conseguenze, faccio un breve resoconto
Passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo - Anna Katharina Emmerick (parrocchiasanvitale.it)
Passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo - Anna Katharina Emmerick
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Fotogramma tratto dal film "La Passione di Cristo" di Mel Gibson
L'orribile flagellazione Secondo le rivelazioni di Suor Anna Caterina Emmerick
(Beata)
Per calmare la plebaglia con una punizione che la impietosisse, Pilato diede ordine di flagellare Gesù, secondo l'uso romano.. Fra il tumulto e il furore popolare Gesù fu condotto dagli sgherri sul piazzale. Il Signore venne trascinato bruscamente vicino al corpo di guardia del pretorio, dove si trovava la colonna di marmo munita di anelli e ganci; essa era destinata esclusivamente alla flagellazione dei condannati. I sei flagellatori, che svolgevano la funzione di carnefici nel pretorio, provenivano dalle frontiere egiziane, erano bruni, bassi e tarchiati; seminudi e mezzo ebbri, sembravano bestie assetate di sangue. Essi avevano nello sguardo qualcosa di diabolico; vicino a quella colonna avevano fustigato a morte molti altri condannati.
Benché il Salvatore non avesse opposto alcuna resistenza, venne trascinato con le funi, mentre i flagellatori gli assestavano pugni e calci. Gli strapparono di dosso il manto derisorio di Erode e fecero quasi cadere il Signore a terra. Vidi Gesù tremare e rabbrividire davanti alla colonna. Egli stesso si tolse la veste con le mani gonfie e sanguinanti. Poi pregò e volse per un attimo lo sguardo verso la sua santa Madre immersa nel dolore...
I carnefici, senza cessare le loro orrende imprecazioni, legarono le mani di Gesù a un grande anello fissato alla sommità della colonna dell'infamia. Così facendo, gli tesero talmente le braccia al di sopra della testa che i piedi legati fortemente alla colonna non toccavano completa mente il suolo. Due di quei bruti, assetati di sangue, iniziarono a flagellare il corpo immacolato di Gesù provocandogli i più atroci tormenti. Non mi è possibile descrivere le tremende atrocità inflitte a nostro Signore.
Le prime verghe di cui si servirono gli aguzzini erano strisce di color bianco, sembravano fatte di legno durissimo o nervi di bue.
Dorso, gambe e braccia venivano lacerati sotto i pesanti colpi del flagello, finché la pelle a brandelli col sangue schizzò al suolo. I gemiti dolorosi di Gesù sofferente erano soffocati dal clamore della plebaglia e dei farisei, che continuavano a gridare: "Fatelo morire! Crocifiggetelo!".
Per imporre il silenzio, e continuare a parlare al popolo, Pilato faceva suonare una tromba. Allora sulla piazza si udivano solo le sue parole, accompagnate dall'orribile sibilo della frusta e dai gemiti del Signore, come anche dalle imprecazioni degli ebbri carnefici...
La maggior parte del popolo manteneva una certa di stanza dal luogo della flagellazione, solo alcuni andavano e venivano dai paraggi della colonna per insultare il Signore... Giovani infami preparavano verghe fresche presso il corpo di guardia, altri cercavano rami spinosi per intrecciare la corona di spine. I servi dei sacerdoti avevano regalato denaro ai flagellatori e avevano dato loro delle brocche colme di un liquore rosso, del quale bevvero fino a ubriacarsi.
Dopo un quarto d'ora i carnefici che avevano flagellato Gesù furono Sostituiti da altri due. Questi ultimi si avventarono contro Gesù con cieco furore, usando anche bastoni nodosi con spine e punte. I colpi dei loro flagelli laceravano la carne del Signore fino a farne sprizzare il sangue sulle braccia dei carnefici. Presto quel santo corpo fu ricoperto di macchie nere e rosse, il sangue colava a terra ed egli si muoveva in un tremito convulso, tra ingiurie e dileggi...
La terza coppia di carnefici si avventò con maggior foga delle altre sul corpo martirizzato di Gesù. Per la fustigazione essi si servirono di cinghie munite di uncini di ferro. Eppure la loro rabbia diabolica non si placò. Gesù venne slegato e poi di nuovo legato, questa volta col dorso contro la colonna. Poiché il Signore non poteva più reggersi, gli passarono delle corde sul petto e lo legarono con le mani dietro la colonna. Ripresero così a fustigarlo. Gesù aveva il corpo ridotto a un'unica piaga e guardava i suoi carnefici con gli occhi pieni di sangue, come se implorasse la grazia. Ma, in risposta ai suoi flebili gemiti, la loro furia aumentò e uno dei carnefici lo colpì al viso con un'asta più flessibile.
L'orribile flagellazione durava già da tre quarti d'ora, quando uno straniero d'infima classe, parente di un cieco sanato da Gesù, si precipitò dietro la colonna con un coltello a forma di falce e gridò con voce indignata: "Fermatevi! Non colpite quest'innocente fino a farlo morire!". Approfittando dello stupore dei carnefici ebbri, lo straniero recise le corde annodate dietro la colonna e subito disparve tra la folla. Gesù cadde al suolo in mezzo al suo sangue; gli aguzzini lo lasciarono e se ne andarono a bere...
Al loro ritorno i flagellatori lo presero a calci per farlo rialzare. Gesù, strisciando, fece per riprendersi la fascia che gli aveva cinto i fianchi, ma i carnefici gliela spingevano sempre più lontana, costringendolo a contorcersi al suolo nel suo sangue e a strisciare come un verme; tutto questo avveniva tra i fischi, i motti e gli insulti della gente. Infine lo rimisero in piedi, gli gettarono la veste sulle spalle e lo sospinsero frettolosamente verso il corpo di guardia. Con la veste egli si asciugava il sangue che gli fuoriusciva copioso dal volto... Quando la crudele flagellazione ebbe fine erano circa le nove del mattino.
Gesù oltraggiato e coronato di spine.
L'incoronazione di spine fu eseguita nel cortile del corpo di guardia, le cui porte erano aperte; nell'interno si trovavano una cinquantina di aguzzini, servi e furfanti, i quali presero parte attiva ai martìri di Gesù. La folla si accalcava da tutti i lati, finché l'edificio fu isolato dai soldati romani.
Gesù fu spogliato nuovamente e rivestito di un vecchio mantello militare color porpora, che gli arrivava fin sopra alle ginocchia. Il mantello si trovava in un angolo della stanza e con esso venivano coperti i criminali dopo la flagellazione. Il Signore fu fatto sedere al centro del cortile, su un tronco di colonna ricoperto di cocci di vetro e di pietre.
Indicibile fu il tormento di quella incoronazione: intorno al capo di Gesù venne legato un serto intrecciato di tre rami spinosi, alto due palmi, le cui punte erano rivolte verso l'interno. Nel legare posteriormente la corona al santo capo, i carnefici gliela strinsero brutalmente per fare in modo che le spine grosse un dito si conficcassero nella sua fronte e nella nuca. Poi gli infilarono una canna tra le mani legate, si posero in ginocchio davanti a lui e inscenarono l'incoronazione di un re da burla.
Non contenti gli strapparono di mano quella canna, che doveva figurare come scettro di comando, e iniziarono a percuotergliela sulla corona di spine, tanto che gli occhi del Salvatore furono inondati di sangue; al tempo stesso i malfattori lo schiaffeggiavano e gli rivolgevano volgarità di ogni tipo... Il suo corpo era tutto una piaga, tanto che camminava curvo e malfermo. Il povero Gesù giunse sotto la scalinata davanti a Pilato, suscitando perfino in quest'uomo crudele un senso di compassione. Il popolo e i perfidi sacerdoti continuavano a schernirlo...
Pilato si assise sul seggio più elevato, di fronte alla colonna della flagellazione. Il seggio era ricoperto da un drappo scarlatto sul quale stava un cuscino azzurro con i bordi gialli; dietro ad esso si trovava il banco degli assessori.
Il Salvatore fu trascinato attraverso la folla e venne posto in mezzo a due ladroni condannati alla crocifissione. Gesù aveva il manto rosso sulle spalle e la corona di spine intorno al capo martoriato; la moltitudine furiosa lo scherniva e lo malediceva. I sacerdoti avevano fatto ritardare l'esecuzione di questi ladroni della peggiore specie con l'intenzione di umiliare maggiormente Gesù.
Le croci dei ladroni giacevano a terra accanto a loro; ma non vidi la croce del Salvatore, probabilmente perché la sua sentenza di morte non era stata ancora pronunciata. Appena si fu assiso sul seggio, Pilato disse ancora una volta ai nemici di Gesù: «Ecco il vostro re!».
Ma essi risposero: «Crocifiggilo!».
Pilato replicò: «Dovrò dunque crocifiggere il vostro re?».
«Noi non abbiamo altro re all'infuori dell'imperatore!», risposero pronti i sommi sacerdoti.
Vidi Gesù, alla base della scalinata che conduce al tribunale, esposto al dileggio dei suoi nemici...
Pilato pronunciò la sentenza di morte Con la disinvoltura di un pusillanime. Dopo un lungo preambolo espose i capi d'accusa contro Gesù: «Condannato a morte dai capi dei sacerdoti per aver turbato l'ordine pubblico e violato le leggi ebraiche, facendosi chiamare figlio di Dio e re dei Giudei». E, facendo portare la croce, Pilato concluse con la condanna capitale:
«Condanno Gesù di Nazareth, re dei Giudei, alla crocifissione!».
Pilato redasse la condanna a morte... Il senso di questo scritto era il seguente: «Costretto dalle insistenti pressioni dei sacerdoti del tempio, da tutto il Sinedrio e dalla minaccia di una sommossa popolare, ho consegnato agli Ebrei Gesù di Nazareth, accusato d'aver turbato la pace pubblica, di aver bestemmiato e violato le loro leggi. Ho pronunciato la condanna di quest'uomo nonostante le accuse non chiare, per non essere accusato dall'imperatore di aver provocato una rivolta dei Giudei. L'ho consegnato alla crocifissione insieme a due criminali già condannati dai Giudei».
Egli fece scrivere su una tavoletta di colore bruno iscrizione da apporre sopra la croce i sommi sacerdoti, che si trovavano ancora nel tribunale, protestarono indignati contro la formulazione della sentenza, poiché Pilato aveva scritto che essi avevano fatto ritardare l'esecuzione dei ladroni con il proposito di crocifiggere Gesù con loro. Inoltre essi chiesero che sulla tavoletta non si scrivesse «re dei Giudei», bensì che «si era detto re dei Giudei». Pilato si spazientì e rispose loro incollerito: «Ciò che ho scritto, è scritto!». Tuttavia essi pretendevano che l'iscrizione fosse almeno soppressa, rappresentando un insulto al loro onore. Pilato non esaudì la loro richiesta, e così fu necessario allungare la croce mediante l'aggiunta di un altro pezzo di legno, sul quale si poteva inchiodare la tavoletta con la scritta.
Quando la croce di Gesù fu adattata in questo modo, risultò più alta di quelle dei ladroni e assunse la forma di una Y, come ho sempre contemplato; i due bracci risultarono più sottili del tronco; infine si appose uno zoccolo di legno nel posto dei piedi per sostenerli...
Il Signore venne abbandonato nelle mani dei carnefici. Gli restituirono i suoi indumenti, poiché era usanza dei Romani rivestire coloro che venivano condotti al supplizio...
Per poterlo rivestire, quegli ignobili lo denudarono un'altra volta e gli slegarono le mani. Gli strapparono violentemente il mantello purpureo, provocandogli con gran dolore la riapertura delle ferite. Egli stesso, tremante, si cinse con la fascia che serviva a coprirgli le reni. Gli fu gettato lo scapolare sulle spalle. Siccome a causa della corona di spine era impossibile infilargli la tunica inconsutile, essi gliela strapparono dalla testa causandogli dolori indicibili. Sulla tunica, tessuta dalla sua santa Madre, gli fecero indossare l'ampia veste di lana bianca, la larga cintura e il mantello. Intorno alla vita gli legarono la cinghia munita di punte, dov'erano attaccate le corde con le quali lo trascinavano. Tutto ciò fu eseguito con disgustosa brutalità.
I due ladroni stavano uno a destra e l'altro a sinistra di Gesù, avevano le mani legate e portavano una catena at torno al collo. Erano ridotti male: a causa della recente flagellazione i loro corpi erano ricoperti di piaghe. Indossavano una tunica senza maniche e una cintura intorno alle reni, sul capo avevano un cappello di paglia intrecciata, simile a quello che portano i bambini.
Il ladrone, che più tardi si convertì, era già calmo, rassegnato e pensoso; l'altro, invece, era volgare e insolente: egli si univa ai carnefici nel lanciare insulti e imprecazioni contro Gesù, il quale offriva le sue sofferenze per la loro salvezza. Vidi i carnefici occupati a sistemare gli attrezzi di tortura e a organizzare il doloroso cammino del Redentore.
Dopo aver ricevuto una copia della sentenza, i sacerdoti si affrettarono a raggiungere il tempio. E mentre questi perfidi immolavano sull'altare di pietra gli agnelli pasquali, lavati e benedetti, i brutali carnefici sacrificavano sull'altare della croce l'Agnello di Dio, sfigurato e contuso. Il primo era l'altare simbolico della legge; il secondo era quello della grazia, della carità e del perdono.
Gesù porta la croce verso il Calvario
Impazienti, i carnefici sollevarono Gesù e gli caricarono sulla spalla destra il pesante fardello. Egli rimase curvo sotto il grave peso... Mentre Gesù pregava, le mani dei due ladroni furono legate saldamente alle assi trasversali delle loro croci poste dietro la nuca...
I carnefici rialzarono il Signore con terribile violenza, facendogli sentire sulle spalle tutto il peso dell'intera croce. Così cominciò la marcia trionfale del Re dei re, tanto ignominiosa sulla terra quanto gloriosa in cielo. Ai piedi del legno della croce erano state legate due corde, per mezzo delle quali due carnefici la tenevano sollevata.
Altri quattro aguzzini tenevano delle funi attaccate alla catena che cingeva la cintura di Gesù. Il suo mantello era sollevato e trattenuto dalla cintura...
Il drappello dei legionari romani si mise in marcia sulla strada principale della città, mentre il corteo con i condannati attraversò una viuzza laterale per non intralciare il popolo che si recava al tempio. Precedeva il triste corteo un trombettiere che proclamava a ogni crocevia la sentenza di morte. Qualche passo dietro a lui venivano i servi con le funi, i chiodi, i cunei e tutti gli accessori delle croci dei due ladroni. Seguivano poi i farisei a cavallo e un giovinetto che portava sul petto l'iscrizione della croce.
Infine veniva Gesù, il Cristo, curvo e straziato sotto il carico della croce; era ferito in tutto il corpo e aveva i piedi nudi e sanguinanti. Non aveva preso cibo né bevanda dalla sera prima ed era oltremodo sfinito a causa delle perdite di sangue, della febbre e delle molteplici sofferenze.
Il Signore sosteneva la pesante croce sulla spalla aiutandosi con la mano destra, mentre con la sinistra tentava ripetutamente di sollevare la lunga veste che gli ostacola va il passo. Le sue mani erano ferite e gonfie a causa della brutalità con la quale erano state legate, il suo viso era gonfio e insanguinato, i capelli e la barba imbrattati di sangue raggrumato. La croce e le catene gli premevano sul corpo la veste di lana riaprendogli le piaghe con grande dolore. Quattro carnefici tenevano a distanza le estremità delle corde fissate alla sua cintura. Due lo tiravano in avanti e gli altri due da dietro, così che il suo passo era malfermo.
Prima caduta di Gesù sotto la croce
Davanti alla salita vi è un avvallamento nel quale si accumula acqua piovana e fango. Per facilitare il passaggio, vi era stata posta una grossa pietra, come se ne vedono in molte vie di Gerusalemme. Arrivato a quella pietra, con il grave peso sulle spalle, Gesù non riusciva a proseguire. Tirato dai suoi carnefici, cadde e la croce rovinò accanto a lui. I carnefici lo colmarono di ingiurie e lo colpirono con calci e pugni. Il corteo si fermò e ci fu un grande tumulto...
Quando Gesù riuscì a riprendersi, quegli uomini abominevoli, invece di alleviare le sue sofferenze, gli rimisero intorno alla testa la corona di spine. Lo fecero alzare a forza di maltrattamenti e gli misero la croce sul dorso. Egli fu costretto a inclinare da un lato il capo straziato dalle spine. E Gesù, con questo nuovo supplizio, riprese il doloroso cammino per la ripida strada.
Gesù incontra sua madre
Dopo la sentenza pronunciata da Pilato, l'Addolorata si fece condurre nei luoghi santificati dalle ultime sofferenze del suo adorato Figlio. Ella voleva coprire con le sue calde lacrime il sangue di Gesù. Con profonda devozione, Giovanni e le pie donne accompagnarono la Vergine nel suo sacrificio mistico. Con questa consacrazione, la santa Vergine divenne lei stessa Chiesa vivente, Madre comune di tutti i cristiani.
Mentre visitava le stazioni della sofferenza di suo Figlio, la Vergine udì il suono agghiacciante delle trombe che annunziavano la partenza del triste corteo diretto al Calvario. Allora, non potendo più trattenere il desiderio di rivedere il santo Figlio, pregò Giovanni di condurla in uno dei luoghi presso i quali doveva passare Gesù. Scesero dal quartiere di Sion e raggiunsero la piazza dalla quale era partito il corteo con Gesù, e continuarono per le viuzze laterali passando attraverso porte di solito chiuse ma che in quel giorno erano aperte per consentire il transito della folla...
Poi Giovanni, la Vergine Maria, Susanna, Giovanna Cusa e Salomè di Gerusalemme entrarono in un grande palazzo; mi sembra che questa costruzione comunicasse, attraverso viali e cortili, con il palazzo di Pilato, oppure con la dimora di Caifa. Giovanni ottenne dal benevolo portiere il permesso di attraversare il palazzo e uscire dal lato opposto. Costui li fece entrare e si prestò ad aprire la porta orientale dell'edificio. Nel vedere la Madre di Gesù pallida come una morta, con gli occhi arrossati dal pianto, tremante e sfinita, avvolta in un mantello azzurro, mi sentii morire per il dolore. Sempre più chiari si avvertivano il clamore e gli squilli di tromba che annunciavano i condannati condotti alla crocifissione.
Un altro squillo di tromba, questa volta più vicino, trapassò il cuore della santa Vergine. La triste processione era adesso visibile, distava ormai un centinaio di passi dal portone. Il corteo non era preceduto dalla folla, ma questa sta va soltanto ai lati e dietro. Dopo il trombettiere avanzavano gli schiavi con aria insolente e trionfante; essi portavano gli arnesi del supplizio. A quella vista la Madre di Gesù incominciò a tremare, a singhiozzare e a torcersi le mani.
Uno di quegli insolenti, pieno d'arroganza, chiese agli altri: «Chi è quella donna che tanto si lamenta?». Gli fu subito risposto: «E la madre del Galileo».
Subito gli scellerati la colmarono di beffe e la segnarono a dito; uno di essi presentò al suo sguardo addolorato i chiodi che dovevano servire alla crocifissione del Figlio. Vidi i farisei passare superbi sui loro cavalli, seguiti dal giovinetto che recava l'iscrizione. A pochi passi di distanza seguiva Gesù con l'orrenda corona di spine. Il Signore barcollava ed era sanguinante sotto la pesante croce. Gli occhi spenti e arrossati del Cristo sofferente gettarono sulla santa Madre uno sguardo compassionevole.
Toccata da quello sguardo colmo di misericordioso amore, la santa Vergine giunse le mani e si appoggiò al portone per non cadere. Era pallida ed aveva le labbra livide. Il Signore inciampò e barcollò, poi cadde per la seconda volta sotto il peso della croce. La Madre di Gesù, accecata dal dolore, non vide più né i soldati né gli altri, ma solo il Figlio sanguinante torturato dagli aguzzini. Nell'impeto del suo amore, si precipitò in mezzo ai carnefici nel tentativo di abbracciarlo, così cadde in ginocchio vicino a lui e se lo strinse tra le braccia. Udii esclamare: «Figlio mio!...», «Madre mia!...», ma non sono certa se queste parole fossero state pronunciate realmente o solo nello spirito.
Vidi i soldati commossi di fronte a quella Madre straziata dal dolore: essi avevano cercato di respingerla ma non ebbero il coraggio di farle del male. Vi fu un momento di confusione generale, in cui Giovanni e le pie donne ne approfittarono per rialzare Maria...
Circondata da Giovanni e dalle pie donne, l'Addolorata fu portata via e il corteo proseguì il suo triste cammino... Frattanto la soldataglia aveva rialzato Gesù e gli aveva rimesso la croce sulle spalle. In mezzo alla masnada, che seguiva il corteo per ingiuriare il Signore, vidi alcune donne velate piangere in silenzio.
Santa Veronica con il sudario
...vidi una donna uscire da una casa e gettarsi davanti al corteo. Costei era alta e bella e conduceva per mano una giovinetta. La donna si chiamava Serafia ed era moglie di Sirach, un membro del consiglio del tempio. Per dell'avvenimento di questo giorno fu chiamata Veronica..
Serafia aveva preparato a casa un eccellente vino aromatico per confortare Gesù sul doloroso cammino. Impaziente di compiere la sua offerta, la pia donna era uscita più volte per andare incontro alla triste processione. Infatti l'avevo vista correre al fianco dei soldati tenendo per mano la sua figlia adottiva di circa nove anni. Poiché non le era stato possibile aprirsi un varco tra i soldati per raggiungere il Redentore, ella era rientrata a casa per attendere il passaggio del corteo. Giunto l'atteso momento, Serafia discese nella strada, velata e con un sudario di lino sulle spalle. La bimba, tenendosi stretta vicino a lei, manteneva nascosto sotto il grembiulino il vaso chiuso di vino aromatico.
Questa volta Serafia attraversò d'impeto la folla venendo finalmente dinanzi a Gesù. Invano i soldati avevano cercato di trattenerla. Alla presenza del Figlio di Dio ella cadde in ginocchio: fuori di sé dalla compassione, dispiegò per uno dei lati il sudario e gli disse: «Oh, fammi degna di tergere il volto del mio Signore!». Gesù prese il velo con la mano sinistra e lo compresse sul suo volto insanguinato, indi muovendo la sinistra col sudario verso la destra che manteneva il capo della croce, strinse il lino con entrambe le mani e glielo rese.
Serafia baciò la stoffa, se la mise sotto il manto e si rialzò... Il corteo si era arrestato, i farisei e i carnefici, assai irritati, si misero a colpire Gesù, mentre Veronica rientrò in fretta a casa sua... Il lino era tre volte più lungo che largo, abitualmente lo si portava attorno al collo; un'altra stoffa simile si portava pure sulle spalle. A quel tempo, vi era l'uso di andare con i sudari dalle persone malate, o in qualche modo afflitte, e di asciugare loro il viso in segno di amorevole compassione.
Veronica appese il sudario al capezzale del suo letto e lo venerò per tutta la vita. Dopo la sua morte, questo fu passato dalle pie donne alla santa Vergine e poi alla Chiesa degli apostoli. Serafia era nata a Gerusalemme ed era cugina di Giovanni Battista. La pia donna aveva almeno cinque anni più della santa Vergine e aveva assistito al suo matrimonio con san Giuseppe...
Durante l'infame giudizio del tribunale di Caifa, Sirach si dichiarò a favore di Gesù e prese posizione con Giuseppe e Nicodemo, e come loro si separò dal sinedrio. Malgrado i suoi cinquant'anni, Serafia era ancora una bella donna. La domenica delle Palme, per onorare l'entrata trionfale del Signore a Gerusalemme, si era tolta il velo e l'aveva steso sulla strada dove egli passava. Fu questo stesso velo che ella porse a Gesù per alleviare le sue sofferenze. Il santo velo è tuttora oggetto di venerazione nella Chiesa di Cristo.
Il terzo anno dopo l'ascensione di Cristo, l'imperatore romano, molto malato, inviò un suo fiduciario a Gerusalemme per raccogliere informazioni circa la morte e la risurrezione di Gesù. Il fiduciario ritornò a Roma accompagnato da Nicodemo, Veronica e il discepolo Epatras, parente di Giovanna Cusa. Vidi santa Veronica al capezzale dell'imperatore, il cui letto era elevato su due gradini; una grande tenda appesa alla parete pendeva fino a terra. La camera da letto era quadrata; non era grande e non vidi finestre: la luce proveniva da un'ampia fessura posta in alto. I parenti dell'imperatore si erano riuniti nell'anticamera. Veronica aveva con sé, oltre al velo, un lenzuolo di Gesù. Ella spiegò il velo davanti all'imperatore, che guardò stupefatto l'impronta di sangue del santo volto del Signore. Sul lenzuolo, invece, vi era impressa l'immagine del dorso del santo corpo flagellato. Credo che fosse uno di quei grossi lini inviati da Claudia, sui quali vi era stato adagiato il santo corpo del Signore per essere lavato prima della sepoltura.
L'imperatore guarì alla sola vista di quelle immagini, senza nemmeno toccarle. Egli offrì a santa Veronica un palazzo con gli schiavi, pregandola di stabilirsi a Roma, ma lei chiese il permesso di far ritorno a Gerusalemme per morire vicino al santo sepolcro di Gesù crocifisso. Ella ritornò a Sion nel periodo della persecuzione contro i cristiani, mentre Lazzaro e le sue sorelle conoscevano la miseria dell'esilio.
Santa Veronica fu costretta a fuggire con altre donne cristiane, ma fu presa e incarcerata. Morì con il santo nome di Gesù sulle labbra. Ho visto il velo nelle mani delle pie donne, poi in quelle del discepolo Taddeo a Edessa, dove la santa reliquia operò diversi miracoli. Lo vidi ancora a Costantinopoli, e in fine fu consegnato dagli apostoli alla Chiesa. Mi sembra di aver visto il santo velo a Torino, dove si trova anche la sindone del Redentore.
Il corteo riprese il cammino. Gesù, piegato dai brutali colpi dei carnefici, curvo sotto il suo fardello, fu costretto a salire penosamente il tortuoso sentiero che conduce al Calvario...
Dalla cima del monte Calvario si domina tutta la città. Il luogo delle crocifissioni è di forma circolare, come un'ampia piazza dalla quale si snodano cinque sentieri. Cinque strade, o sentieri, si trovano dappertutto in Palestina, in particolar modo presso le fonti d'acqua usate per bagnarsi o per battezzare, come la Piscina di Bethsaida. Molte città hanno anche cinque porte. In Terrasanta quest'antica tradizione ha un significato profondo e profetico, che trova compimento nelle sacre piaghe del Signore: le cinque vie aperte alla nostra redenzione.
I farisei a cavallo raggiunsero il luogo delle croci da ponente, dove il pendio e più agevole e meno ripido, mentre i condannati venivano fatti passare dal lato opposto, più aspro e scosceso. I cento soldati romani si erano disposti intorno al promontorio delle crocifissioni per impedire eventuali disordini. Alcuni di essi vigilavano sui ladroni, che ancora non erano stati condotti sulla cima della collina. I due condannati giacevano al suolo, sul dorso, con le braccia legate agli assi trasversali delle loro croci.
La plebaglia — schiavi, gentili e pagani — non temeva l'impurità e perciò aveva preso posto attorno al luogo delle croci; i fanciulli furono fatti allontanare. Le montagne vicine e la parte occidentale del monte Gihon traboccavano di pellegrini per la Pasqua. Erano le dodici meno un quarto quando Gesù, giunto sulla cima del Calvario...
Che spettacolo pietoso vedere il Signore Gesù in piedi vicino alla sua croce, pallido come un morto e completamente sfigurato! I miserabili lo gettarono di nuovo a terra ed esclamarono: «Vieni, gran re, prendiamo le misure per il tuo trono!».
Vidi Gesù stendersi da solo sulla croce per permettere agli aguzzini di prendere le misure per la chiodatura delle sue mani e dei suoi piedi; contemporaneamente i farisei si facevano beffe di lui. Quando ebbero finito, lo fecero rialzare e lo condussero più in là, vicino a una specie di caverna scavata nella roccia, nella quale ve lo spinsero brutalmente... I carnefici chiusero la porta della prigione e vi lasciarono a guardia due uomini.
Nel punto più alto del Golgota furono iniziati i preparativi del supplizio. Il luogo delle crocifissioni era un'altura tondeggiante che si elevava circa due piedi dal suolo e vi si accedeva per mezzo di alcuni gradini. In questa specie di piattaforma naturale si preparò la buca per fissarvi dentro la croce di Gesù quando sarebbe stata elevata. All'estremità dei due tronchi della croce si praticarono i fori per conficcarvi i chiodi. In alto si fissò la tavoletta della sua condanna e in basso uno zoccolo per posarvi i piedi. In mezzo al tronco verticale furono praticate alcune incavature che avrebbero dato spazio alla corona di spine e avrebbero sostenuto il dorso del Signore, in modo che il suo corpo rimanesse sorretto e il peso non gravasse tutto sulle mani.
Gli sgherri strapparono a nostro Signore il mantello, la cintura di ferro e la cintura, quindi gli tolsero la veste di lana bianca facendola passare sopra la sua testa. Non riuscendo a sfilargli la tunica, impedita dalla corona di spine, gli strapparono quest'ultima con violenza, riaprendogli tutte le ferite del capo. Il Signore rimase con un panno attorno alle reni e lo scapolare di lana che gli proteggeva le spalle; il medesimo si era appiccicato alle piaghe del corpo ed egli patì dolori strazianti quando glielo strapparono. La profonda ferita scavata sulla spalla dall'enorme peso della croce gli provocava una sofferenza indicibile; il dorso e le spalle erano lacerati fino all'osso, il corpo nudo era orribilmente sfigurato, gonfio e piagato...
Gesù, vera immagine di dolore, fu disteso dai carnefici sul letto della sua morte. Dopo avergli sollevato il braccio destro, questi poggiarono la sua mano sul foro praticato nel braccio della croce e ve la legarono strettamente. Poi uno dei due crocifissori pose il ginocchio sul sacratissimo petto del Signore, mentre gli manteneva aperta la mano che si contraeva, e subito l'altro gli conficcò nel palmo di quella stessa mano un chiodo spesso e lungo, dalla punta acuminata. Quindi gli diede sopra dei pesanti colpi di martello. Il Salvatore emise un gemito di dolore e il suo sangue sprizzò sulle braccia dei carnefici. Contai i colpi di martello, ma ne ho dimenticato il numero.
I mazzuoli dei carnefici erano di ferro, avevano pressappoco la forma dei martelli da falegname, però erano più grandi e formavano un pezzo unico col manico. I chiodi, la cui dimensione aveva fatto fremere Gesù, erano talmente lunghi che quando furono conficcati nelle mani e nei piedi del Redentore uscivano dietro la croce. Dopo aver inchiodato la mano destra di Gesù al legno della croce, i carnefici si accorsero che l'altra mano non arrivava al foro praticato nell'asse sinistro della croce. Allora legarono una fune al braccio sinistro di Gesù e, puntando i piedi contro la croce, lo tirarono con tutte le loro forze, finché la sua mano raggiunse il foro. Gesù soffriva indicibilmente perché gli avevano slogato interamente il braccio. I crocifissori s'inginocchiarono sopra le braccia e sul petto del Signore e conficcarono il chiodo nella sua mano sinistra, che subito sprizzò un gettito di sangue. I gemiti di dolore del Salvatore si udivano attraverso il rumore dei pesanti colpi di mazzuolo...
I carnefici distesero le gambe del Signore, che si erano ritratte verso il corpo a causa della violenta tensione delle braccia, e le legarono con le corde. Non riuscendo però a far arrivare i piedi al supporto di legno destinato a sostenerlo, essi rinnovarono gli insulti contro di lui. Intervennero alcuni crocifissori propensi a fare nuovi fori per i chiodi conficcati nelle mani perché sembrava difficile spostare lo zoccolo di legno che avrebbe dovuto sostenere i piedi.. legarono con le funi la gamba destra e la tirarono con violenza crudele finché non raggiunse lo zoccolo di legno, provocando a Gesù un'orribile stiramento...
Gli avevano legato il petto e le braccia perché le mani non si staccassero dai chiodi. Poi legarono il piede sinistro sopra il destro, presero un chiodo ben più lungo di quello delle mani e glielo infissero, conficcandolo fin nel legno della croce. Io guardai quel chiodo trapassare i due piedi del Signore e il supporto di legno. La chiodatura dei piedi fu più crudele di ogni altra, a causa della tensione di tutto il corpo. Gesù è crocifisso.
Era circa mezzogiorno e un quarto quando la croce fu innalzata con Gesù crocifisso... Quando la croce fu innalzata, e fu lasciata cadere di peso nella buca, tremò tutta per il contraccolpo. Gesù levò un profondo gemito di dolore, le sue ferite si allargarono, il sangue ne sgorgò più copioso e le sue ossa slogate si urtarono. La testa, cinta dalla corona di spine, sanguinò violentemente... I carnefici appoggiarono le scale alla croce e slegarono le funi che avevano trattenuto il santo corpo di Gesù durante la chiodatura; in tal modo il sangue riprese a circolare improvvisamente affluendo alle sue piaghe. Ciò causò al Signore altri indicibili dolori...
Contemplai con tenera compassione il mio Signore con l'orribile corona di spine, il sangue che gli riempiva gli occhi, la bocca semiaperta, la chioma e la barba insanguinata, il capo abbattuto sul petto. Dopo lo svenimento, a causa del peso della corona di spine, egli rialzò la testa con fatica. Il suo petto si era rialzato, scavando al di sotto una depressione profonda, l'addome era cavo e rientrato; le spalle, i gomiti, i polsi, le cosce e le gambe tutte slogate. Le sue membra erano tese e i muscoli dilaniati, al punto tale che era possibile contarne le ossa. Il suo santo corpo era ricoperto di macchie orribili, nere, blu e giallastre. Il sangue gli colava dalle mani lungo le braccia e scorreva dal foro prodotto nei suoi sacratissimi piedi, irrorando la parte inferiore dell'albero della croce. Il sangue, dapprima rosso vivo, divenne alla fine pallido e acquoso. Eppure, anche così sfigurato, il santo corpo del Signore, simile a un cadavere dissanguato...
A mezzogiorno, nubi fitte e rossastre coprirono il cielo; a mezzogiorno e mezzo, che corrisponde alla cosiddetta ora sesta dei Giudei, vi fu l'oscuramento miracoloso del sole. Un poco alla volta, il cielo intero s'incupì e si tinse di rosso. Uomini e bestie furono afferrati dalla paura... Gli stessi farisei guardavano con timore il cielo: essi erano talmente spaventati da quelle tenebre rossastre che cessarono perfino d'ingiuriare Gesù...
Quando tornò la luce del giorno, si vide il santo corpo del Signore appeso alla croce, esangue, livido e più bianco di prima a causa del sangue versato. Il centurione.. strappò dalle mani del soldato la spugna, la svuotò e l'impregnò d'aceto puro. Poi l'adattò a una canna d'issopo e la pose in cima alla sua lancia, che portò fino alla bocca del Signore. L'ultima ora del Signore era ormai prossima. Egli lotta va contro la morte come un uomo comune; un sudore freddo gli copriva tutto il corpo e il petto ansimava sempre più forte. Giovanni, sotto la croce, gli asciugava i piedi con un sudario. Maria Maddalena, distrutta dal dolore, era appoggiata dietro la croce. La Vergine si manteneva in piedi fra la croce di Gesù e quella del buon ladrone, sostenuta da Salomè e da Maria di Cleofa. Giunto all'estremo, Gesù disse: «Tutto è compiuto!».
Sollevò il capo e gettò un grido forte e soave che penetrò il cielo e la terra: «Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito! Quando il Signore chinò il capo e rese lo spirito, erano passate da poco le ore quindici. Vidi la sua anima discendere nel limbo come una figura luminosa. Giovanni e le pie donne caddero con la fronte nella polvere.
Tutto si era ormai compiuto, l'anima del Signore aveva abbandonato il santo corpo. L'ultimo grido del Santo dei santi aveva fatto tremare la terra e quelli che lo avevano udito; la roccia del Calvario si spaccò e numerose case crollarono. Le poche persone ancora presenti sul Golgota si percossero il petto e si affrettarono a rincasare. Le vidi profondamente commosse, mentre si laceravano le vesti e si cospargevano il capo di polvere. Giovanni e le pie donne si rialzarono e prestarono amorevoli cure alla Vergine.
Abenadar, dopo aver presentato l'aceto al Salvatore, rimasto stranamente impressionato: fermo sul suo cavallo, egli non poteva più distogliere gli occhi dal santo volto di Gesù coronato di spine. Perfino il cavallo abbassò il capo e il centurione gli allentò le redini. In quel momento la luce della grazia lo illuminò ed e, si sentì trasformato. Il cuore orgoglioso del fiero centurione si era infranto come la roccia del Calvario. Egli gettò lontano la lancia, si batté il petto con forza ed emise il grido dell'uomo nuovo: «Benedetto sia il Signore onnipotente, il Dio d'Abramo, d'Isacco e di Giacobbe! Questi era certamente un giusto, ed è veramente il Figlio di Dio!»...
Con un'estrema convulsione, il corpo di Cristo divenne esangue e impallidì in modo straordinario, mentre le sue ferite, dalle quali era fuoruscito il sangue in abbondanza, risaltavano come macchie scure... Nell'affidarsi completamente alla morte, Gesù aveva sollevato la sua testa coronata di spine lasciandola ricadere sotto il peso dei dolori; le sue labbra, divenute livide e contratte, si erano socchiuse senza più alcuna tensione, così le sue mani sostenute dai chiodi si distesero, come anche le braccia. Il suo dorso si irrigidì lungo la croce e tutto il peso del corpo poggiò sui piedi, le ginocchia si piegarono tutte da un lato ed i suoi piedi trafitti si girarono un poco intorno al chiodo.
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